"Pop Tools": ovvero "aggeggi pop", come giocattoli o soprammobili traducendo in modo non letterale il titolo di questa raccolta. Che di fatto sancisce la conclusione della carriera di un gruppo, i Bluvertigo, documentandone l'evoluzione attraverso la raccolta dei singoli, dagli esordi con (track No 1) ai "giorni nostri", con la partecipazione al Festival di San Remo 2001 e relativo brano. Non un titolo "trattatistico-encliclopedico" come "Pop" degli U2, né un titolo-manifesto come "Music" di Madonna. Né (essendo i Bluvertigo "il gruppo che canta in italiano e suona in inglese" secondo la definizione di F. De Luca) una monumentale "Platinum Collection" o una colta anthòs-λογοσ di pregiati "Fleurs" alla Battiato... più vicino all'ossimoro "Beautiful Garbage" della band di Shirley Manson (riecheggiante l'estetica "alla Buzzcocks" del "Fiore nella spazzatura"): in altri termini, l'auto-ironia che caratterizza l'attitudine di anti-divi che, cominciando la propria carriera un po' per gioco (come infinite altre bands del genere) sono riusciti a non cadere nel frequente "errore" di finire per prendersi davvero sul serio.
Questi sono i Bluvertigo, tra il synth-pop melodico dei Pet Shop Boys e la corrente New Romatics dei Duran Duran, ma con un profilo stilistico più "in profondità" modellato su certa new wave alla Japan-Bowie, senza tralasciare allusioni ai divertissments colti di "Up Patriots To Arms" o "Centro di Gravità Permanente", nonché all'elettronica berlinese degli anni '70 (Kraftwerk in primis). Più sfortunati dei colleghi Subsonica (anch'essi tuttavia all'ultima posizione nell'edizione di San Remo dell'anno prima con la sbalorditiva "Tutti i Miei Sbagli", ma probabilmente di livello superiore ai Bluvertigo quanto a qualità compostive), Morgan, Andy (Warhol?) e Co. danno vita a brani incentrati sul modello chitarra-(sequencercers-campionatore)-keyboards-basso-batteria, con ritmi accattivanti e tessiture armoniche che trovano vita in quadri semplici (in apparenza) ma piuttosto pregiati forse proprio per questo. Le linee melodiche, forse sono il vero centro creativo di queste musiche, o meglio di queste Musiche (big M), dignitose come lo è il Pop, a ogni latitudine geografica e culturale ("la canzone popolare è un contenitore mobile e nobile" affermò diversi anni fa Ivano Fossati, facendo riferimento a se stesso). I brani qui riportati, che includono diversi hits da "Sono=Sono" ad "Altre Forme di Vita", sono forse importanti, ancor più che per l'ovvio valore intrinseco, anche per il ritratto che consegnano dei loro autori: vale a dire musicisti e performers intelligenti e consapevoli delle proprie potenzialità e dei propri limiti, che sanno distinguere senza renderlo esplicito tra ciò che è più "raffinato" o "colto" e ciò il cui pregio risiede in altri (non meno importanti) aspetti. Il tutto con ironia e (a rischio di cadere in spiacevoli fraintendimenti) mi sentirei di dire "umiltà" e "rispetto": tutte doti assai rare nel cosiddetto "Show-Biz" (molto Biz e poco Show o viceversa non fa molta differenza).
"Non solo musica", quindi, ma anche quella è (eccome) meritevole di nota: "Fuori dal Tempo" forse il loro brano più pregiato, al tempo stesso descrive il profilo di identità stilistica e delinea la grammatica estetica del linguaggio della band di Morgan, che in questa collezione di pop-songs semplici-ma-preziose, include in chiusura un altro "gioiellino": "L'Assenzio", una melodia orecchiabile ma sottilmente colta, un po' alla Depeche Mode (periodo "Violator") un po' alla Battiato (periodo "Voce del Padrone"), un po' alla... Bluvertigo, un testo davvero originale ("l'altro ieri se non sbaglio era il 1804...") come a dire "a Depeche Man in Paris" (l'effetto che farebbe ascoltare "Free Love" mentre si legge la raccolta di Paul Verlaine, non essendo possibile il contrario, cioè incontrare i Poeti Maledetti nella metrò di Parigi con le musiche di Dave Gahn in cuffia...) racchiude e riassume il senso di una Musica, il Pop, di una cultura, quella del ricorso a strumenti suonati e suoni registrati senza distinzione alcuna, e a una poetica: quella del "Listen Without Prejudice". Di questo gruppo, al di là del mio punto di vista, resterà sicuramete nei fan un ricordo piuttosto bello e forse un senso di vuoto malinconico, per gli altri resterà la Bellezza (che si può, se si vuole, provare a cogliere), che non è altro che lo specchio di ciò che è già in noi e nel quale ci riconosciamo, e non come si crede, qualcosa che dall'esterno della sua perfezione scultorea, ci indica un altro luogo in cui cercare e/o trovare. Tale luogo rimarrà a lungo introvabile, finchè non ci renderemo conto che siamo noi stessi.
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