Silenzio. Rumori metallici, dissonanti, autodistruttivi. Malcolm X. Apparenze, comunicazione. "Voglio chiacchierare con voi. Due chiacchiere senza pretese. [...]". Climax: parte Zero.

Inizia il terzo e (ahinoi, fan speranzosi) ultimo album dei Bluvertigo, "Zero - ovvero la famosa nevicata dell' '85". Zero, perché le possibilità non esistono, se si sta fermi. La nevicata, perché la data di produzione si può confondere con la data di scadenza. Eppure, pare quasi che ci siano dei fili conduttori in tutto questo: l'incomunicabilità, il ciclo delle cose, lo straniamento (e nei ringraziamenti abbiamo Carmelo Bene, tra gli altri, che lo decodifica). Le canzoni si contraddicono, si assolgono l'una l'altra, creano un effetto matrioska, e non si capisce mai quanto piccola sia la bambola.

"Zero", un delirio elettronico, con tanti suoni in crescendo di strati, qualcosa di latente che si risveglia, nonché l'inaccettabilità di una realtà che ne "La crisi" (canzone semiadolescenziale che ricorda molto gli U2), va a razionalizzarsi, e in "Sono=sono", hit simil-synth pop (la "rscrittura dei classici", ma in stile Castoldi) la si dissacra pure. "La comprensione", quindi arrivare allo stato in cui si conoscono i propri limiti e in cui si ricerca la conoscenza, fatta su un pop rock "italiano", e raffinato. "Finché saprai spiegarti", il piacere che si confonde con il benessere, ma che si depotenzializza ("I've been smoking with my mother") fino a diventare solo forma, tematica che torna spesso in Morgan ("Da A ad A"); prima funky bowieano, poi virtuosismo freak alla Zappa.

Abbiamo poi "Sovrappensiero", in cui partecipa Battiato, alla fine della canzone. Qui siamo nei meandri dell'elettronica depechemodeiana, nonché kraftwerkiana. "Forse", il passo indietro, la realtà ritorna rarefatta, definibile come in contrasto rispetto al tappeto sonoro sontuoso, ipnotico e whitenoiseiano su alcune parti. Un idillio razionale si trova in "Autofraintendimento", con i synth pesanti, e poi la quasi industrial "Lo psicopatico", una delle più riuscite a mio parere, forse anche in quanto mi pare sia una sorta di costola di "Zero", ritornano il delirio e l'impossibilità di essere univoci, che "giustificano" una cover strappata a Bowie, e quasi scartata da una confezioncina (molto più classic rock la versione originale, ma non per questo meno bella), gli interludes "Saxs interlude" e il funk martellante e distruttivo di "Porno Muzik". "Niente x scontato", unico difetto enorme dell'album. "Numero", un (quasi ironico dirlo) tirare le somme, una disperata ricerca del normale, del giusto, con i violini che ricordano quelli di Psycho, quasi disturbanti. Si chiude con "Punto di non arrivo", che pare renda all'album un finale aperto e forse irrisolvibile, con le chitarre dolci del ritornello, i suoni un po'ansiogeni che sembrano telefoni, e Battiato.

Un album che sente dell'influenza dell'inarrivabile, che sembra sempre presente in Morgan, per esempio in "Acidi e basi" quanto in "Da A ad A", c'è qualcosa di profondamente caotico che si cerca di limitare, per poi esplodere. Ma a confronto degli altri, "Zero", finale della trilogia chimica, mi pare musicalmente e concettualmente il più razionale, se consideriamo il lavoro che fa l'artista. Buon ascolto.

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