Morì prematuramente nel 2002 a causa di un incidente stradale questo asso del sassofono tenore che tanto rilievo ebbe nel jazz contemporaneo a partire dagli anni ottanta. Morì lasciandoci in suo ricordo una quantità smisurata di collaborazioni ed un numero di pubblicazioni da solista sufficienti a meritargli un posto nell'"olimpo" dei grandi nomi del jazz. L'entrata a far parte nel 1984 della band di Miles Davis contribuirono a far crescere la sua notorietà e ben presto fu riconosciuto come solista versatile ed espressivo, capace di far "disegnare" al suo strumento linee melodiche di rara bellezza tramite l'uso smisurato di pentatoniche unite ad un timbro caldo ed inconfondibile. Il suo stile è facilmente riconducibile a sassofonisti come Michael Brecker e Dave Sanborn, musicisti con i quali Berg, durante la sua carriera intrattenne un continuo rapporto di collaborazione; oltre a loro il musicista suonò con Chick Corea, Pino Daniele e Mike Stern, solo per citarne alcuni, di grande importanza fu soprattutto il sodalizio che strinse con il chitarrista onnipresente nelle sue pubblicazioni in studio, al quale Berg lasciò spesso ampio spazio per la realizzazione delle composizioni.

L'album che andremo ad analizzare, "Short stories" vede la luce nel 1987, è il primo episodio di una carriera solista che durò dieci anni, e ne è forse l'episodio migliore. Le scelte stilistiche del musicista, fusion-oriented, lo vedono cimentarsi nell'esecuzione di brani gradevoli e di facile assimilazione, lungi però dall'essere banali o scontate, trovano giovamento dalla forte componente jazz e dalla bravura, oltre che di Bob Berg e Mike Stern, anche degli altri musicisti magnificamente inseriti in un contesto dove è pero il sax tenore ad essere l'assoluto protagonista. "Friday night at the cadillac club" fa sentire fin da subito il suo profumo di standard-jazz: è un blues irresistibile ed esplosivo dal tema dannatamente orecchiabile il quale rischierà di entrarvi in testa in maniera piuttosto incisiva; Peter Erskine (batteria) e Will Lee (basso), sostengono un groove micidiale sopra al quale il sassofonista partorisce un delirio lirico a mettere subito in luce le sue doti di solista eccezionale. "Words" e "The search" sono due gradevoli ballad scritte da Mike Stern e magnificamente interpretate dal sax tenore di Bob Berg. "Kalimba" è invece una composizione dal grande spessore emotivo che vede il protagonista di questa avventura musicale affiancato dal già citato maestro del sax alto Dave Sanborm; sonorità caraibiche si sposano con le ritmiche funk di Erskine a sostegno della bellissima e suadente melodia interpretata dai due solisti, lo scorrere del brano porterà ad uno scambio di soli di grandissima intensità che riuscirà a deliziare sicuramente le orecchie di chi cerca sonorità intimiste e malinconiche. Il funk "That's the ticket" è un brano che non sfigurerebbe tra la discografia degli "Uzeb" di Michael Cusson e Alain Caron; sostenuto da un accompagnamento di batteria e basso incalzante e corposo e da freddi ed artificiosi tappeti di tastiera il musicista offre la sua solita ineccepibile performance. Finisco citando "Maya", sicuramente tra i migliori brani di questo album, è un'altra ballad dai sapori caraibici dove Berg abbandona momentaneamente il sax tenore per il soprano ed interpreta splendidamente questo tema scritto dal bassista Jeff Andrews.

Bob Berg ha tracciato un "pezzettino" di storia del Jazz insieme ad altri straordinari musicisti del nostro tempo, vale la pena ricordarlo almeno una volta ascoltando questo splendido disco.

Carico i commenti...  con calma