Il lirismo sconvolgente ed impetuoso di quest’album scuote, smuove, commuove nel profondo dell’animo umano; impossibile davvero rimanere impassibili di fronte a questo capolavoro di lungimirante perfezionismo lessicale e musicale; l’allegoria e il simbolismo lo elevano a latitudini mai più raggiunte nell’ambito della musica moderna.

All’ascoltarlo oggi, a distanza di trent’anni, sale ancora alla gola quell’irrefrenabile groppo di pianto che, agrodolce, riporta alla mente frangenti di vita appena nostalgici, richiami fisici e voli spirituali. Un viaggio metafisico, poetico, mistico “nell’anima”, nello “spirito”, purificatore, dal quale ci si risveglia un pò storditi, un pò confusi, dolcemente tristi. Sgorga dal profondo dei sensi un fiume di emozioni inarrestabile che fa davvero bene al cuore: probabilmente l’album più maturo della storia del rock. "Blood On The Tracks" è indubbiamente un album di svolta. Prima di allora, non si era mai sentito Dylan così propenso a parlare di sé, dei suoi più intimi problemi, dei suoi fantasmi interiori. Il disco è improntato nel descrivere il lato oscuro della vita; il cantautore ci parla infatti di risentimento, sofferenza, malinconia, depressione e, qualche volta, anche di crudeltà. Forse non è del tutto corretto, forse si rischia di banalizzarlo, forse è superficiale dirlo, ma "Blood on The Tracks" è la cronaca di “un” fallimento matrimoniale: del suo odio-amore verso la moglie Sara, della sua travagliata vita coniugale.

"Tangled Up In Blue", a cui è affidata l’apertura dell’album, scandaglia con profondità e rancore la sua vicenda coniugale. Non è un caso che questo pezzo presenti una struttura ripetitiva, circolare, quasi “claustrofobica”, paranoica, dalla quale non se ne esce e che ci riporta insistentemente al punto di partenza: traspare chiaramente che il Nostro è tormentato da una monotona routine giornaliera, una spirale fatta di freddi silenzi, violente liti, improbabili riappacificazioni. Emblematiche le frasi: “… e così torno indietro di nuovo, devo raggiungerla in qualche maniera… eravamo uguali nel sentire, ma nel giudizio, d’un’altra razza… impigliati nella tristezza”.

Il secondo pezzo, "Simple Twist Of Fate", cambia completamente registro: da dietro il muro di dolore che imponente si erge in questa canzone, ci arriva una voce autenticamente pregna di passione, lacrime e rimpianto; il tutto in un clima di profonda e sconsolata riflessione e rassegnazione. Dylan, completamente rapito dal ricordo della moglie, si chiede quale sia il motivo vero della sua insopportabile situazione. E infine, in balia della più amara rassegnazione, trova sarcasticamente la risposta al suo quesito: tutto è dovuto ad “una semplice discontinuità del destino”. Il perdurante sogno di amore eterno è appunto svanito per uno scherzo del destino e Dylan, all’affiorare, per un momento, di una punta d’orgoglio, urla, grida tutta la disillusione di questo suo desiderio svanito in una delle più feroci canzoni che siano mai state scritte sulla fine di una relazione coniugale: "Idiot Wind". In un clima che trasuda di impetuosa passione carnale mista a disprezzo, il Nostro si scaglia contro la moglie con parole letali come il veleno. Il “vento profeta” di Blowin’in The Wind, allora metafora dello “Spirito Santo” o più semplicemente del destino, qui diventa un vento idiota. Il Nostro, come in preda ad un raptus di rabbia, impreca dunque contro questo destino infame e contro la moglie che lo ha reso solo: “ …vento idiota, che soffia ogni volta che la bocca ti si muove, che soffia nei retroviali diretti a meridione. Vento idiota, che soffia ogni volta che muovi i denti; sei un’idiota, bimba. Che tu respiri e ancora sappi farlo sono cose sorprendenti”.

In "You’re Gonna Make Me Lonesome When You Go", Dylan è di nuovo inerme di fronte ai fatti appena accaduti e appare straziato dal supplizio, come avesse un “cavatappi conficcato nel cuore”. Poi, a fine album arriva l’ultimo grande capolavoro del disco che porta il nome di "Shelter From The Storm". Ancora una volta la moglie appare a Dylan come una figura divina, sacra, spirituale, una sorta di Beatrice Dantesca, l’unica “informe” creatura capace di salvarlo e redimerlo dai suoi peccati e dalle sue sofferenze. Probabilmente questo pezzo contiene una delle più profonde frasi che siano mai state scritte per il testo di una canzone: ”…d’improvviso mi rigirai ed eccola lì parata. Bracciali d’ argento al polso e di fiori acconciata. Mi tolse la corona di spine venendomi incontro leggera. “ Entra” . Mi disse. “T’offro riparo dalla bufera” …”. Il simbolismo e l’allegoria aumentano il valore di questa splendida strofa, soprattutto quando Dylan paragona arditamente se stesso a Gesù (“mi tolse la corona di spine”). Ma la grandezza di questo pezzo sta nel fatto che non parla solo del suo fallimento coniugale; la bufera a cui Dylan fa riferimento è anche una bufera politica. L’attacco celato è indirizzato contro lo scandalo Watergate, contro lo sbugiardato presidente Nixon, contro la corruzione dalla politica statunitense.

E non sono certamente da dimenticare pezzi “minori” come "You’ re A Big Girl Now", "Meet Me in The Moorning" o "If You See Her", "Say Hallo", che rientrano comunque tra le canzoni più belle che Mr. Dylan abbia mai scritto. Tutto l’album è pervaso da una sottile tensione di fondo e l’impressione che ci comunica è quella di avere di fronte un uomo triste ma in perenne ricerca di verità, di certezze durature; da ciò ci si accorge che il Nostro è ancora alla ricerca di quelle “risposte nel vento”.

Il “pellegrinaggio artistico” proseguirà attraverso altre importanti tappe, ma poche altre volte gli capiterà di calarsi in simili sbornie mistiche.

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