"Modern Times" è il nuovo lavoro di Dylan. E c'è da rallegrarsene. Il grande vecchio dalla voce stonata e spettrale aggiunge, con grazia e disinvoltura, un'altra memorabile perla nel proprio ricchissimo corollario musicale. "Modern Times" è un disco che esalta l'animo della classe operaia americana e che contiene una sequela impressionante (e straordinaria) di citazioni musicali e cinematografiche che, da sole, varrebbero un dieci in pagella. Dal John Lennon di "Working Class Hero" al Charlie Chaplin di "Tempi moderni", l'affascinante viaggio nei meandri di una società maledettamente operaia e storicamente classista.
"Modern Times" non ha bisogno di essere perfetto (il suono è grezzo e un pò tirato via con l'accetta), bastano la voce di Dylan, una chitarra e un pianoforte. Bastano quelle poche cose, quei pochi gesti, per ricreare, in pochi secondi, il mito di "Masters of war" e "Just like a woman". Bastano anche solo due parole bisbigliate, un tardo ricordo rock e una dichiarazione d'amore finale che lascia stupiti e meravigliati ("Rollin' and Tumblin" è l'unico brano romantico presente nell'album).
"Modern Times" si incanala più sui binari di "Infidels" (1983), bel lavoro dylaniano che spiazzò e sconcertò i fans (ma Dylan ama spiazzare con le sue invenzioni e le sue provocazioni) piuttosto che a "Oh, Mercy" (1989), capolavoro forse irripetibile. Non c'è precisione e nemmeno cura minuziosa dei particolari, c'è solo finalità d'intenti: parlare al cuore della gente, senza rivoli o macchinosi artifizi musicali. In "Workingman's Blues # 2" parla direttamente agli operai: "... Il potere d'acquisto del proletariato è andato a fondo / il denaro sta diventando sempre più debole e inconsistente / i luoghi che amavo sono ormai solo un pallido ricordo". Ecco, appunto: colpire diritto al cuore del problema.
In una recente intervista a Rolling Stone Dylan accusò ferocemente le nuove tecnologie e disse, "la tecnologia ha distrutto la musica, non conosco nessuno che negli ultimi vent'anni abbia inciso un album dal suono decente". Caro Bob, "Modern Times" non ha proprio un suono così perfetto, ma ti perdono, e tutti dovrebbero perdonarlo, perchè ancora oggi è uno dei pochi cantautori a sforzarsi di registrare musica in maniera genuina, senza troppi sintetizzatori o modificatori vocali. Ma ve lo immaginate Dylan che canta con una voce perfettamente limpida e intonata? Forse non sarebbe così musicalmente affascinante, o forse, più semplicemente, non sarebbe mai esistito.
Sapore di morte, come ultimamente accade, in questo "Modern Times": la fine di una carriera o la fine di una vita? L'angoscioso Dylan di inizio millennio è forse un pò troppo pessimista e apocalittico, ma mantiene pur sempre uno sguardo lucido e impietoso sul mondo e sulla società: "Ain't talkin" ci racconta un qualcosa di estremamente drammatico (la fine dela vita, il tramonto del mondo), e la risposta nel vento, quella che tutti vanamente cercavano nel 1963, ora è quasi un miraggio, o meglio, un presagio. Di buio e definitiva mestizia.
A Dylan si può perdonare tutto (in fondo lui è la Storia, che qualcuno provi a imitarne il Monumento) e anche l'iniziale "Thunder on the Mountain" se cantata e suonata da qualcun altro sarebbe risultato pessima ed eccessivamente insicura (traballa la musica, traballa la voce, traballa il suono) ma alla fine, ti rendi paradossalmente conto, che si tratta di uno dei pezzi più vivi e spensierati dell'intero album (e questo la dice lunga su come si debba sentire spiritualmente Dylan!).
Ma i tempi moderni in realtà, oltre che pessimistici, sono anche veloci e sfuggevoli, fra nuove tecnologie (spesso obsolete) che avanzano e voglia di correre di qua e di là freneticamente senza un perchè e senza uno scopo. E la copertina, in questo senso, esprime benissimo il disagio e la velocità di questi nostri tempi moderni. Così, anche un disco non perfetto come questo, ma in fondo placido e tranquillamente suadente (niente cambi repentini di velocità musicali) può essere una manna dal cielo: vuoi vedere che i tanto bisfrattati tempi moderni ogni tanto sanno regalarci qualcosa di placido e rilassante? Poi, certo, nella storia della musica "Modern Times" non comparirà mai, mentre "Highway 61 Revisited" sarà sempre lì ai primi posti, ma che importa, visto che ormai, anche quelli del New York Dolls, hanno proferito: "Un giorno ci farà piacere ricordare perfino questo". E perchè no?

"Modern Times", come tutti i più recenti album di Dylan, otterranno tanti detrattori quanti estimatori (mi schiero con gli estimatori, se permettete), mentre un detrattore doc, Riccardo Bertoncelli, ci ricorda che questo disco è "gracilino e confuso", ma, anche lui, è costretto ad ammettere che Dylan, in alcuni passaggi musicali, sembra aver assorbito la lezione musicale pianofortistica italiana: "Beyond the Horizon" sembra un brano composto dal fratello maggiore (pardon, minore) di Paolo Conte. E non è un caso che Dylan torni spesso e volentieri (specie in estate) a suonare in Italia.
Dite pure quel che volete, Dylan rimane unico e inimitabile. Almeno fino a prova contraria.

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