1993, anni di grunge, il rock torna indietro alle sonorità punk e psichedeliche degli anni 70, si incattivisce spogliandosi di orpelli e pailettes.

Dylan, da sempre controcorrente, decide di fare , anch’esso molti passi indietro, tornando alle sue origini, al folk domestico degli esordi tutto voce, chitarra e armonica: nel 1992 era uscito Good as i ben to you, l’anno dopo questo World gone wrong.

Entrambi i dischi presentano pezzi tradizionali, ma mentre il primo mostrava ancora un Dylan indeciso sul nuovo, si fa per dire, percorso artistico, questo ci fa apprezzare un folksinger ritrovato, nel tocco deciso e tagliente della sua chitarra e nel timbro ruggente della voce, un folksinger che torna ad avere il fuoco, o meglio il sangue, negli occhi.

Questo in realtà non è un disco prettamente folk, per quanto valse un Grammy come Best Traditional Folk Album : sono pezzi della tradizione americana folk e blues, suonati e cantati da Dylan con una spiccata vena country.

Ecco, se dovessi etichettare questo lavoro, lo definirei un disco country, forse il miglior, o l’unico, disco country di Dylan.

Un esempio è Blood in my eyes, blues tradizionale lento, bellissimo nell’esecuzione di Ron Talley , il classico blues nato sulle rive del Mississippi: Dylan lo velocizza, toglie gli effetti slide della chitarra e ne fa un gioiellino country-folk.

Two soldier era già in origine un pezzo country, nella bellissima esecuzione di Mornoe Gevedon, artista del Kentucky degli anni 20, un Johnny Cash ante-litteram.

Dylan ne fa un gioiello per la dolcezza della sua chitarra e della sua voce, insolitamente melodiose in questo disco dove invece prevalgono toni tetri: una splendida ninna-nanna folk.

Jack a Roe è una ballata di Tom Paley, artista americano, di New York, fondatore della The New Lost City Ramblers, culla del folk americano.

Di questo pezzo memorabili sono le versioni di Jon Baez del 1962 e dei Grateful dead del 1981, folk essenziale la prima, rock blues la seconda; Dylan, tira fuori uno spirito country-folk, suonando una cowboy song, sembra quasi di vederlo chitarra e sguardo assassino in un saloon del vecchio west.

Love Henry è un'altra ballata tradizionale, bellissima nella versione di Tom Paley dei primi anni 30, con tanto di mandolini; Dylan ne fa una struggente ninna nanna in salsa country .

Altro grande pezzo è Stack a lee, brano jazz di fine 800, inizialmente conosciuto come Stagger Lee, è stato suonato da Louis Armostrong e Duke Ellington e quindi “trasformato” in un blues da Frank Hutchison, chitarrista americano della West Virginia di fine anni 20.

Dylan si rifà proprio a questa versione blues, trasformandola, come è nell’ispirazione di tutto il disco, in un veloce country rock.

Per molti questo è un disco minore, neppure un disco di Dylan in senso stretto, essendo una raccolta di brani tradizionali; invece, come peraltro è nella tradizione del folk in cui un arrangiamento personale consente all’autore di “impossessarsi “ del pezzo, lo reputo un disco di Bob Dylan, del Dylan più vero, più scarno, ma capace di una potenza inarrivabile solo con il suono dei suoi tre strumenti preferiti: la voce, l’armonica e la chitarra acustica. Il primo Bob Dylan è proprio questo, quello che si intravedeva nel disco d’ esordio, Bob Dylan del 1962 e che, già nel celeberrimo, successivo, The Freewheelin' Bob Dylan si trasformava nel grandioso cantautore rock-folk che ha cambiato la storia della musica e che ha venduto milioni di dischi.

Pezzi come questi o molti di quelli del disco d'esordio non avrebbero dato notorietà al giovane Dylan.

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