Oh Riccardo tu sei nato il 21 marzo 1952 , il giorno in cui il rock'n'roll vide la luce..

E il 21 marzo è un giorno perfetto... il vento tiepido, i fiori nei campi, la dolcezza del sole, la primavera insomma...

Ma non solo...

Che il 21 marzo è il giorno in cui la dolcezza (e l'abisso) dei pesci si confondono con l'energia cieca (e ottusa) dell'ariete...

Che questo ci vuole affinché il mondo veda qualcosa di nuovo: dolcezza, abisso ed energia...

Beh, vi dico una cosa: sono nato il 21 marzo anch'io...e, forse, proprio nell'istante in cui, in una stradina di New York, o in una soffitta, oppure soltanto tra le nebbie della fantasia, ebbe luogo un magico incontro..

Doveva essere per forza notte, perché io sono nato di notte, e proprio l'ora incerta in cui si affaccia la cuspide estrema e dove gli opposti si attraggono.

Fu allora che un folletto ricciuto dai nervi tesi e dagli occhi fiammeggianti incontrò un fantasma...

Ora imbattersi in un fantasma, in sé, non è una cosa così straordinaria e immagino che a tutti voi sia capitato...una volta, due volte, un milione di volte...

Il fantasma di quella notte non era però un fantasma qualsiasi, ma quello di un poeta francese, uno che da ragazzo aveva inventato, per poi pentirsene amaramente, l'arte dei secoli a venire.

Che cosa poi quei due si siano detti rimane uno dei più grandi misteri della storia del rock...

Io credo, ma ovviamente è solo un'ipotesi, che il loro sia stato un dialogo botta e risposta, botta il folletto ricciuto, risposta il fantasma...Oh si, si, non più di uno scambio di battute, che i fantasmi non sprecano parole, nemmeno quelli dotati di grande fantasia.

E' tutta la vita che penso a quel dialogo fulminante e provo a immaginarlo...Ma è tutta la vita che non cavo un ragno dal buco...

Forse risolverò l'enigma solo quando anch'io sarò divenuto un fantasma...

Sia come sia, da allora il nostro folletto ricciuto iniziò la sua personale stagione all'inferno,

“Sad- eyed lady of the lowlands” di quella stagione rappresentò il limite estremo, il punto oltre il quale era consigliabile non andare. Meglio tornare agli archetipi di prima, meglio rinchiudersi in una casetta rosa con un gruppo di amici e strimpellare vecchie canzoni, inventando per l'ennesima volta qualcosa di nuovo...

Che il nostro, in fondo, sapeva che nonostante il furore rabdomantico e l'istinto sicuro del cercatore d'oro, le pagliuzze più luccicanti erano quelle canzoni (e quei cantori) che aveva mitizzato quando era un pargoletto del folk...

Sapeva che attorno (e dentro) quel mondo avrebbe, in una sorta di eterno esercizio di meditazione creativa, continuato a costruire il suo, infilandoci dentro tutte quelle figurine che conosciamo: fuorilegge, donne di sogno, ladri, profeti, pugili, poeti di strada, vecchie eroi sconfitti...

Ma veniamo a “Sad eyed lady...”

Ah, qui siamo davvero fuori dallo spazio e dal tempo: un andamento concentrico e infinito, una dolcezza assoluta sporcata (e arricchita) da una voce ferrosa, un riff che torna ostinato su se stesso, il “sumero moderno” delle parole...

Non a caso è il brano che chiude l'ultimo album di una clamorosa trilogia...“Bringing” il primo, la tensione tra vecchio e nuovo, “Higway”, il secondo, urgenza e fuoco...

“Blonde on blonde”, è più rilassato e visionario, perché c'è una strada e quella strada è inondata di sole e c'è come un'energia e tutte le immagini nascono da li. Non sono impazzito, è il folletto ricciuto che ha detto una cosa del genere, anche se magari con maggiore eloquenza.

E io so che è così, ricordo certi vicoli di Bologna al mattino, e so che è così...E so come nascono le immagini..e so l'energia che si sente quando nascono...lo so e basta...

Poi certo ci sarebbe anche la faccenda del tradimento, le chitarre sferraglianti, l'organo impazzito, l'elettricità a sporcare la misura folk...tutto fantastico, anche se il nostro non ne avrebbe avuto nemmeno tanto bisogno, ascoltatelo nel live del 66, solo voce e chitarra, con quella armonica psichedelica più di qualsiasi altra cosa a venire...

Ma dicevamo di “Sad eyed lady”, di come sia fuori dallo spazio e dal tempo...Che qui il folk inteso come melodia ultraterrena (o magica) si fa tutt'uno con la dilatazione psichedelica. Sfido chiunque a non caderci dentro e a non uscirne più...

Io credo di averla ascoltata per interi pomeriggi, uscendone non incendiato, non provato, ma brillo e serafico come un cherubino da osteria...

“Non stupiva perché incantava” diceva qualcuno a proposito di qualcun altro...Ecco questa canzone fa esattamente lo stesso effetto...non stupisce ma incanta...

Ma, attenzione, è un incanto che rischia di sfuggire, una farfalla dal volo così leggero che quasi non ti accorgi...La prima volta non fa un gran effetto, la seconda sei perduto...

La dilatazione, dicevamo...Pare che i musicisti in studio fossero straniti, increduli di accompagnare una canzone che sembrava dover sempre finire e non finiva mai...

La dilatazione...la dilatazione è anche nel fluire inconscio (e come per accumulo) delle parole quasi che la musica mimando una sorta d'infinito richiamasse un infinito d'immagini....ah, quel fantasma non aveva parlato invano...

“Gli occhi come fumo” “le preghiere come rime” “le visioni di tram sull'erba” “gli inni zingari” “le canzoni scritte su scatole di fiammiferi” “Il viso da santa e l'anima di spettro”...son queste le immagine favolose che la musica accoglie e abbraccia a comporre un ode infinita alla signora dagli occhi tristi e alla bellezza irraggiungibile...

Che, in fondo, pur con una lingua nuovissima, le parole continuano a richiamare qualcosa d'antico...

Che sembra quasi di sentire un poeta provenzale, un Cavalcanti fuori tempo massimo...

L'antico che gioca il gioco della modernità felicemente incongruo, follemente fuori dal tempo...

O magari son solo due bimbi che la sparano una più grossa dell'altro, che ogni immagine è sempre di più, sempre di più, sempre di più...

E le parole quando si toccano mandano scintille, eppure chissà come riescono a stare insieme...

E poi certo l'armonica che chiude e apre il brano, due voli minimi a racchiudere l'incanto...

Ma torniamo al fantasma...Che proprio in questo momento mi arriva una intuizione...

Non era un fantasma francese, ma fingeva solo di esserlo...Forse era solo un ladro impossessatosi di una maschera...Uno di quei ladri che “ruba ciò che ama e ama ciò che ruba”...

Quel ladro sarebbe apparso ancora al folletto ricciuto, ma con altre favolose identità...

Lo stesso ladro con mille maschere diverse...o forse solo un volto riflesso in uno specchio...

Oh si, forse quel 21 marzo 1963, quel folletto ricciuto si stava solo guardando allo specchio...

Quello strano specchio in cui si affaccia la cuspide estrema e dove gli opposti si attraggono.

Trallallà...

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