Cabaret è unanimemente considerato come il miglior esempio di musical moderno. Se sulla riuscita dell'operazione non si discute (si tratta di una delle prove più convincenti del regista e coreografo Fosse), più inappropriata appare la definizione di musical: lo si potrebbe definire piuttosto un dramma con musiche, visto che gli intermezzi - alcuni divenuti celebri, come "Money, Money, Money" o "Life Is A Cabaret" - non vengono cantati dai protagonisti ma eseguiti sul palcoscenico del cabaret come siparietti "di commento" alla vicenda principale.

La materia del film è frutto di una complicata successione di fonti. All'origine c'è Christopher Isherwood con il suo romanzo d'esordio parzialmente autobiografico, "Addio a Berlino", (come il protagonista Brian, anche Isherwood era stato insegnante d'inglese nella Berlino del primo nazismo). Dal romanzo fu tratta una pièce teatrale di John van Druten, "I Am a Camera", alla base sia del film di Henry Cornelius "La donna è un male necessario" sia di un fortunato musical di Broadway firmato da Fred Ebb e John Kander.

Il film di Fosse è la riduzione cinematografica di questo musical, ma è costruito soprattutto sul romanzo di Isherwood e sulle atmosfere che l'ambientazione storica offriva. Il grande merito di "Cabaret" sta nell'abile e nostalgica ricostruzione di un'epoca irripetibile, dove l'intrattenimento raffinato e decadente del cabaret cela e allo stesso tempo riflette le tensioni striscianti destinate a sfociare nelle successive catastrofi storiche.

La particolare tensione emotiva del film risiede tutta su questo contrasto. Nella Berlino degli anni trenta, attorno al personaggio dell'egocentrica e spregiudicata cantante di cabaret Sally Bowles (Liza Minnelli), ruotano i destini del timido intellettuale Brian (Michael York), del frivolo aristocratico Max (Helmut Griem) e dell'amico Fritz (Fritz Wepper) innamorato dell'ebrea Natalia (Marisa Berenson). Attorno alle loro scorribande erotiche e sentimentali - in particolare la storia d'amore fra Sally e Brian, i loro rapporti con il bisessuale Max, la gravidanza di Sally e il conseguente aborto - assistiamo in sottofondo alla lenta presa del potere da parte del partito nazista, sottovalutato da tutti come un manipolo di esaltati "che serviranno a fare piazza pulita dei sovversivi" ma destinato a diventare una presenza via via sempre più pervasiva nella società tedesca, come ben esemplificato nella scena in cui il canto apparentemente innocente di un giovane nazista ("Tomorrow Belongs To Me") si trasforma pian piano in un minaccioso coro di battaglia.

Il cabaret di Berlino, con i suoi balletti pieni di ambiguità ed erotismo, è simbolo di un'epoca licenziosa e opulenta destinata a essere spazzata via da sciagure che nel film, acutamente, vengono solo alluse. I numeri musicali trasudano l'universo figurativo inconfondibile, tra espressionismo e kitsch, della Mitteleuropea prenazista, ricostruito da Fosse con grande aderenza allo spirito del tempo: sono gli anni di George Grosz e di Max Reinhardt, di Kurt Weill e di Bertolt Brecht, di Emil Jannings e di Marlene Dietrich, di una cultura che, nelle forme spesso inquietanti e macabre con cui si esprime, si fa segno premonitore della tragedia in arrivo. Anche l'intrattenimento in apparenza spensierato del cabaret riflette queste ambiguità, incarnate dalla maschera perversa di Joel Grey, l'effeminato presentatore degli spettacoli nonché protagonista di quasi tutti i numeri musicali.

L'altra grande protagonista è Liza Minnelli, qui nel ruolo che le diede la massima consacrazione. La figlia d'arte per eccellenza del cinema americano (i genitori erano Vincente Minnelli e Judy Garland...) quasi stordisce con la vitalità esplosiva della sua interpretazione, in grado di alternare accenti comici e drammatici in sintonia con il clima complessivo del film, ed insieme a Joel Grey è stata meritatamente premiata con l'Oscar. L'abilità della regia di Fosse e del comparto tecnico (non va dimenticata la fotografia di un maestro come Geoffrey Unsworth) ha fruttato al film altri 6 Oscar e 3 Golden Globe, un grande successo di pubblico e lo status incontestabile di classico.

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