Questa settimana niente lavoro; si è concluso l'ennesimo contratto capestro e ne consegue che sono ancora disoccupato.

Forse riprendo già il prossimo lunedì; ma la cosa non è così certa.

Avevo una gran voglia delle mie montagne ed in mattinata ho raggiunto, non senza fatica vista l'incredibile quantità di neve presente, uno dei luoghi che prediligo della mia Ossola. Il Passo del Monscera, quota 2100 metri sulla linea di confine tra l'Italia e la Svizzera. Un luogo di una bellezza indescrivibile che a parole non è nemmeno possibile raccontare. Il silenzio è la mia solitudine; adoro camminare soltanto in compagnia di me stesso. La fatica gratificata da un panorama che si spinge fino ai 4000 metri delle cime del Canton Vallese; luoghi per me vitali, da sempre.

Giunto alla meta, visto la presenza puntando lo sguardo verso sud di nere nuvole cariche di pioggia, mi è venuto in mente Bob Mould e questa raccolta antologica uscita nel 1994; lavoro che andava ad occuparsi del primo periodo del cantautore americano. Quello più sofferto e difficile da superare perchè Bob è costretto a leccarsi le profonde ferite dentro di se; ferite che si sono create dopo la drammatica fine degli Husker Du di qualche anno prima.

Sono le interminabili note, quasi otto minuti, della impetuosa "Black Sheets of Rain" ad aprire benissimo l'album; ancora oggi rimane il brano che preferisco della carriera solista del braccio armato degli Husker. Una torrenziale cascata di elettricità pura, di feedback rumorosissimo; un impetuoso finale della sei corde che ti spacca in due nell'ascolto. La corposa scaletta pesca a piene mani da Workbook e Black Sheets of Rain, con in aggiunta anche cinque canzoni eseguite in sede live che si concludono con una cover velenosissima di "Shout Out The Lights" di un certo Signor Richard Thompson.

Il brillante Power Pop di "It's Too Late" e "See a Little Light" (che avrebbero fatto degnissima figura negli ultimi lavori targati Husker Du), i fendenti, per lunghi tratti incontenibili, delle maestose "Wishing Well" (con un assolo centrale di chitarra da mozzare il respiro da tanto ispirato e drammatico) e "Poison Years", ripresa dal vivo. Il Rock granitico di "Stop Your Crying" dove prosegue il dominio incontrastato della chitarra sparata a mille di Bob che al termine si gioca parte dell'integrità delle proprie corde vocali; c'è spazio per la ballata elettropsichedelica, con accenni iniziali Folk acustici, di "Hanging Tree". La sua costante crescita, il suo aumento di volume, il suo incedere che diviene monumentale...e all'orizzonte appare la sagoma di quei tre ragazzi che nel 1984 composero Zen Arcade. Ogni volta che parlo di Bob mi è impossibile non citare uno degli album cardine di tutti gli anni ottanta.

Ridiscendo dal Passo e mi dirigo verso il Rifugio Gattascosa; mi attende un necessario caldo pasto visto che la temperatura quest'oggi non ha mai superato i dieci gradi.

Adesso son tranquillo; adesso sono a posto. Ma non per molto.

Diabolos Rising 666.

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