La nuvoletta di fumo viene smossa dalle pale del ventilatore che girano sul soffitto nel mio piccolo monolocale, fuori piove un po' sì e un po' no. Mangio? Forse, ma la fame è poca e la voglia di cucinare ancora meno. Birra? Perchè no. Musica? Sempre.

Ora mi va qualcosa di nostalgico perchè fuori sembra Aprile, perchè ti penso e non ci sei, metto Roberto Rondelli, per gli amici Bobo; e stasera io sono suo amico. Bobo, quindi, che vuoi? Ah scusa, ti ho cercato io, hai ragione. Non so, cantami qualcosa. Il cantautore ex-Ottavo Padiglione, livornese nell'anima più che per semplice luogo di nascita, si mostra un po' imbarazzato in prima battuta ma poi mi accontenta, mi siedo, premo Play, stappo la Tennent's.

"Disperati, intellettuali, ubriaconi", anno 2002, è un disco partorito interamente assieme a Stefano Bollani, pianista multipiazza, onnivoro, divoratore di musica che cura tutti gli arrangiamenti di questo affresco misto di malinconia e forzata allegria, quel sorriso che butti sul piatto per non farti fare troppe domande. Bella scelta, dico ironicamente, proprio questo mi dovevi cantare Bobo? Tu me l'hai chiesto, stronzo. Hai ragione, taccio. Inizia però, che diamine.

"Quando non ci sei", "Vitelloni", "Fiore nell'asfalto" aprono la serata sul più classico Jazz da locale coi tavoli neri laccati, stasera questa è casa mia, subito si vede che la voce di Rondelli è di quelle bastarde e profonde. Bollani invece sembra divertirsi come un bambino nel calpestare i tasti del pianoforte e nel far quadrare tutti gli strumenti come fossero le variabili di un'equazione.

In fondo la musica è matematica, e nella matematica c'è così tanta poesia che la gente non vede. Già qualche ritratto emerge nelle liriche densamente tragiche di Rondelli, in bilico fra Conte, Tenco, De Andrè. "L'ultima danza" è una rivisitazione di un brano già comparso nel precedente disco di Rondelli, ed è una botta all'anima, forse il punto più splendidamente triste di tutto il disco ("su una panchina si è felici solo quando si sogna"). Bravo Bobo, ma vacci piano.

Il bastardo invece tira fuori una cover di Piero Ciampi ("Io, te e Maria") che se uno ci pensa a letto non ci dorme, "Suicidio Travel" ironica e tragica assieme e poi "Il calore di un abbraccio". Bobo, stai esagerando. Guarda che il tasto Stop sta lì, se vuoi. No, non voglio. Allora non rompere i coglioni. Ok. Mi accendo un'altra Marlboro. Dove sei? "I bisogni della vita" ripropone la faccia sorridente della commedia, dura poco (1:17) e poi un altro ripescaggio dal passato, "Gigiballa" dedicata ad un orso bruno che viveva nella riserva naturale dell’Orecchiella, nella Garfagnana. Viveva, tempo imperfetto, perchè è venuto a mancare qualche anno fa. E' la vita, come si dice.

Un disco di canzoni vere e proprie, un connubio da strana coppia, quello di Rondelli e Bollani, che funziona da dio. Il primo esploratore dell'anima, intimo e scellerato, cuore vagabondo che frequenta i buchi da due soldi in cui scoli vino fin che l'oste non ti sbatte fuori, il secondo giocoliere di melodie che propone ora blues, ora swing, ora jazz, ora folk, quel che gli pare, come fosse la cosa più naturale del mondo. "Martin Eden" poi, lenta da fine serata. Vuoi un'altra birra? mi chiede. Perchè no, rispondo. Prendo una Slalom.

Su "I Dolori Del Giovane Walter" si ridacchia pure, con quella voce filtrata da una vecchia radio marrone con le valvole grosse, ma "Un giorno dopo l'altro" riprende Tenco e le luci per forza si abbassano di nuovo, le tirate di sigaretta sono lunghe e profonde, i marciapiedi bagnati di questa sera milanese ci stanno tutti. Manca molto, Bobo? No, tu pensa a bere che al resto ci penso io. Mi fido. Chiude "Cuore di bimbo", scheletrica e fortissima visione delle piccole vittime della guerra. Grazie Bobo, ti compro qualche disco. Dove cazzo vai? Mi urla dietro mentre mi volto verso l'uscita. Pensavo fosse finita.

No, invece c'è ne è ancora una: "Gocce", sulla mia fiestra la pioggia scende giù, sembra la canti apposta vista la serata. Certo che sei proprio bastardo, penso sorridendo, e mi risiedo. Mi abbandono e ascolto, penso e poi guardo l'ora. Niente. Ora è finita davvero, saluto, ringrazio, mi alzo e raccolgo l'ombrello, faccio per uscire ma poi rientro di nascosto e lo vedo lì appoggiato al pianoforte di Bollani, con le maniche della camicia azzurro chiaro risvoltate all'altezza dei gomiti.

Fissa il pavimento pieno di impronte e sassolini bagnati, beve vino rosso. Disperati, intellettuali, ubriaconi: tre vertici di un triangolo equilatero, chi è intellettuale è spesso disperato e chi è disperato tende ad essere un ubriacone, chi è un ubriacone con buona probabilità ha un intelletto da soffocare, o da lasciare libero.

Che c'è? Hai dimenticato qualcosa? mi dice. No, niente, buonanotte, rispondo. Stavolta esco davvero.

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