Ma in quella villa c'è un torneo di scacchi? No, cara, è un ospedale psichiatrico...

In una parola Milano.

E certo non stupisce, non me, che Milano sia un ragazzo bulgaro.

La notizia arriva così, su un gruppo whatsapp. Bojan se ne è andato. Ieri. A Padova. Come non si sa. Nessuno lo dice. Vado sul sito della Milanese. E non trovo niente. Sulla pagina facebook. Niente (effettivamente sarebbe strano che uno muore entra su facebook e ce lo scrive). Sul sito della federazione. Niente. A spegnere la lieve speranza arrivano nuove e più accurare ricerche. E' vero. Su Amazon c'è Farfalle in gonna. Mi costa 5 euri nella (brutta) edizione ebook. Li merita.


570 pagine. Scritte un po' a due mani, con l'aiuto di una compagna delle medie ritrovata. La storia di un ragazzo bulgaro, che si chiama Bojan Gongalov. La storia, o almeno qualcosa di suo. Una storia degli anni settanta. A Milano. Di un ragazzo che suona, fa il conservatorio, va con tre ragazze, fa arti marziali. E poi l'eroina. Che chiede il suo conto. Le botte coi fasci, l'aiuto insperato di un sassofonista conosciuto per caso che fa il marine, una R4 che si chiama Zarathustra.


La lotta contro il gorilla, come lo chiama lui, novello Miles, che in dieci giorni se ne esce.


Milano, via dei Piatti. Piccola traversa di via Torino, di fianco alla casa di Enzo Tortora. Lì c'è la Milano degli scacchi. E' sera, io e il mio amico Grande Naso abbiamo giocato, e stiamo rivedendo la partita (si fa a scacchi, o si faceva). Ci diciamo sì questa poteva essere meglio, qui non stavo male, quelle cose lì. Poi, d'improvviso, arriva Gongalov. Ci permette di offrirgli due sigarette. In cambio ci spiega che la mossa che ci piaceva tanto è una stronzata. Ma quando lo capiamo ci dice che anche la confutazione che ci è venuta in mente è una stronzata. E così via. Per un paio d'ore, e quasi un pacchetto di sigarette, ci mostra che cosa poteva venire fuori da quella posizione. E solo una cosa è chiara. Che ad ogni mossa a vincere è il colore per cui lui ha appena mosso. Dopo un paio d'ore se ne va. E due ragazzini rimangono lì. Immobili a guardare i pezzi. E' Milano. E' così.


Milano, sempre via dei Piatti. Mille volte ancora. E sempre Bojan, sempre lì. A litigare con qualcuno. Con quella sua voce alta, e quelle parole dette sempre tra i denti, in quel modo così strano. E se fai un torneo e c'è Bojan non c'è da sperare in niente. Solo forse di non incontrarlo. Oppure sì, dipende da come ti senti. Ma Milano è così. Trovi sempre quello più forte di te. Enormemente più forte. Così vai a casa, e sulla scacchiera passi le giornate. Provi le mosse. Ma ogni volta che muovi lo sai che la mossa che stai guardando non è quella di Bojan. Che - al modico costo di un paio di sigarette - ti direbbe che è una mossa idiota, che non hai visto un cazzo, quelle robe lì.

E poi una cosa strana. Perché certo non puoi fare a meno di sapere chi sia, se mai sei stato alla Scacchistica. E certo non puoi non averlo visto litigare, arrivare quasi alle botte. E - nonostante fisicamente non sia certo un gigante - si capisce subito che non ti devi mettere con lui.

Ma c'è una cosa, strana. Che respiri e non capisci. Ed è che c'è altro. Come una dolcezza, una strana cosa, come tanto che c'è e che non capisci.

Milano è così.


Una sera, con Grande Naso e Stefano, ci concede di accompagnarlo a casa. E' notte. Abita più o meno dalle nostre parti. Di notte, a Milano, i semafori lampeggiano. Ne segue una lunga discussione, con Stefano che guida, sul perché. Io e Grande Naso assistiamo. Solo di una cosa siamo sicuri. Che ha ragione Bojan!


Il Gorilla, l'eroina, la puoi sconfiggere. Ma il suo debito lo riscuote, comunque. Andrà così, per il Bojan del libro. E forse anche per quello vero.
Ma questa è una storia degli anni settanta. Gli anni passano.

Primi anni ottanta, Cinisello. Il mio amico Mauro è in uno di quei momenti in cui crede di essere unto dal signore. La qual cosa a me dà un gran fastidio. Mi dice che ha giocato, la sera prima, in scacchistica. Contro Bojan, ovvio. E ha perso. Però, però ha trovato la mossa giusta. Quella che vinceva. Me la mostra. Lo guardo, gli dico ma sei scemo? Giocavi contro Gongalov! Ti avrebbe fatto questa, e questa, e quella! E ti spaccava. Va avanti ore. Ogni variante la perde. Ma mica ero io ad analizzare...


A ben vedere, poi, sul sito della Fide, il suo massimo Elo è 2150 o simili. Mica niente di che. E a squadre? Ma dai, secondo me l'hanno cacciato da subito... troppo litigioso. A ben pensarci non ricordo nemmeno un torneo che abbia vinto lui. No, però non fatevi strane idee, non era certo un giocatore Zen, quello se volete lo conosco, un giorno ve ne parlo...
La Milanese, poi, si sposta in via Uguzzone. E Bojan pure. Vicina, ed è una sede che a me piace. Mi presento con un NON SONO PARENTE, che non capirete. NON SONO SINDACO DI BUCCINASCO. La cosa, a Bojan, piace molto. Così mi permette spesso di offrirgli due sigarette.


Un giorno, un torneino, c'è un ragazzo. E' giovane, slavo, di non so bene dove. Si presenta con al braccio un fascio di CD. Musica classica, robe slave di cui non so assolutamente niente. Saluta Bojan, si capisce che sono amici. Si siede davanti a me. Prima che la partita cominci riesco a ricordarmi cosa gioca (torneo precedente) e penso a come confutarlo. Ci riesco, esce dall'apertura che sta malissimo, e schiuma rabbia. Cerca di complicare, di sfruttare il poco tempo a disposizione. Seee figurati. Vinco. Mi alzo, lui fatica a darmi la mano. E fa per alzarsi. Gli dico: metti a posto i pezzi, magari quello sei capace.


L'ultima volta è stata sempre lì, in Uguzzone. Giochiamo. La Grunfeld. Io gioco la mia confutazione. Lui la guarda come dire mi tocca giocare con uno scemo? Alla fine esco bene dall'apertura, ma mi perdo via e vince lui. Solo che il torneo è strano. Finisce che io vado a premi e lui no. Lo vedo mogio. Così gli dico che se vuole gli faccio vedere che la mia confutazione ha un senso. A soldi. Ne giochiamo cinque. Le vinco tutte io. Così decido che gli offro un Laphroig. E i soldi del premio in denaro. E torno a casa. Contento.

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