No, non ci siamo. Caro Jon, questa volta non ti difenderò a spada tratta, perché non ne vale la pena, infatti questo disco servirà di più per farti conoscere da ragazzine belle e giovani da "spupazzarti" dopo i concerti che non per essere ricordato in futuro.
A volte il successo dà un po' alla testa, e spesso (entrando nel cervello di una rockstar) viene da pensare: "Mi sbatto per fare un buon disco, perdo due anni in studio per fare delle canzoni belle e profonde, oppure mi faccio un'altra iniezione di dollari senza fare fatica?" ebbene si, la risposta è la seconda. Dopo gli inutili "Crush" e "Bounce", ecco l'ennesimo dischetto buono da fermatavolo che punta tutto (guarda un po') su un singolo dal ritmo incalzante ma ahimè nulla più, una canzone che sarebbe stato un discreto riempitivo in uno dei vecchi dischi, quelli dei veri beccaccioni del New Jersey. Ah già, ce ne sono altre quattordici... o no? In realtà ci sono, ma al secondo ascolto si cerca più di rimuoverle piuttosto che canticchiarle.
I fattori sono diversi: in primis la verve canora del biondo Jon si sta mano a mano esaurendo, complice anche il passare degli anni che la sua ugola sembra digerire male; come se non bastasse, i pezzi potrebbero tranquillamente provenire da uno qualsiasi dei succitati precedenti due lavori, e nessuno se ne accorgerebbe; e dai, mettiamoci anche che ormai il quartetto ha esaurito le idee, perché l'originalità, per quanto non sia mai stata il punto forte della band, stavolta manca totalmente.
Se proprio siete di quelli che non vogliono farsi mancare neanche un disco dei loro idoli siete perdonati, altrimenti investite i venti euro del disco in frutta e verdura, che faranno sicuramente meglio al vostro organismo.
Con la speranza che dal vivo le scalette presentino una quasi totalità di pezzi datati, chiudo questa inutile recensione di questo inutile disco.
Have a nice day.
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