"The Letting Go" ovvero "una stagione tra l'estate, l'autunno, la bassa America e l'alta Islanda".

Strano ritrovarsi già a recensire un nuovo disco di Bonnie "Prince" Billy. In media ne fa uscire uno e mezzo all'anno. Per non parlare delle collaborazioni e degli E.P. !
Strano cercare di capire dove si situa questa opera, forse in uno spazio ideale tra il mid-west (o il south-east della sua estate?) e l'Islanda, dove effettivamente è stato registrato con le attente cure di Valgeir Sigurdsson, già produttore di Bjork. Strano personaggio questo Bonnie "Prince" Billy, poeta dai mille nomi, un po' trasandato, un po' lupo, leggermente ubriaco.
La sua penna e la sua chitarra danno alla luce composizioni sincere e intime, fuori dal tempo, fuori da questo tempo indie, difficili da inserire in rinascita folk, new acoustic, low-fi e simili. I percorsi della sua voce, del suo scrivere sembrano incastonati tra le montagne, i ghiacciai e i laghi delle sue copertine, quelle foto in cui non si capisce dove finisce l'estate e inizia l'autunno, o un'altra stagione, una stagione tutta sua, la stagione di Will Oldham.

Dove finisce "Ease Down The Road" inizia "The Letting Go", il banjo lascia spazio ad orchestre delicate, talvolta sferzanti, mai manieristiche. L'autore punta meno su motivi orecchiabili e filastrocche perdute e riparte con un cantautorato più lento, malinconico e sereno allo stesso tempo. Il sentiero iniziato con "After I Made Love To You" prosegue con gli intrecci vocali di "No Bad News", ma è solo un esempio che ben rappresenta il tono dell'album, costante senza essere ripetitivo. La voce di Oldham è quella del lupo innamorato dell'usignolo, le sue storie sembrano una virata acustica delle favole di Oscar Wilde, di Esopo, dei Grimm o di Andersen.

Un lupo tra i lupi, un uomo tra gli uomini, per usare le sue stesse parole. Il crescendo orchestrale di "Cursed Sleep" ci riporta all'eterna inquietudine dell'artista, con "Cold & Wet" ascoltiamo un lamento provenire da qualche città fantasma del vecchio west, nella suprema "God's Small Song" riecheggiano spettri di ghiaccio, "I Called You Back" è un dolcissimo inseguirsi di tromba, chitarra slide e pianoforte...... ma non voglio insistere nella descrizione delle canzoni, non cercherò di afferrarne principi costruttivi e anelli deboli: voglio solo invitarvi a raggiungere le montagne più vicine, sdraiarvi su un prato e mentre cala il buio si avvicina settembre, lasciar scivolare in voi la magia della favola del lupo e dell'usignolo, del loro volo tra angoscia e amore.... strano essere trasportati in quella stagione sospesa magicamente tra l'estate, l'autunno, la bassa America e l'alta Islanda, vero?

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