Preambolo:

Ho messo su quest’album al pc dopo pranzo ed è entrato in stanza un amico che dopo pochi secondi ha esclamato:

questa cos’è?

“è musica”

“(sghignazza), ma che musica è?

“jazz..”

ma che dici…??! questo è solo frastuono di chitarre, non sanno suonare..!

ed esce dalla stanza sghignazzando e tappandosi le orecchie.

I Borbetomagus sono un collettivo estremo di jazz estremo, un gruppo musicale (!!!?) dedito all’improvvisazione noise su base free jazz in cui clangori e stridori metallici di chitarra convivono insieme a scroscianti e chiassosi assoli di sax al vetriolo, gracchi e sputi.

Una efferata sarabanda grandguignolesca in cui virtuosismi, tecnica strumentale e gusto per la melodia vengono rigettate, vandalizzate e stuprate da strepiti osceni, lugubri e sinistri.

L’album consiste in una lunga traccia di quaranta minuti divisa arbitrariamente in due movimenti, in cui è difficile se non impossibile trovare un filo logico all’interno delle composizioni, sembra di assistere solamente a una lunga improvvisazione in cui gli strumentisti fanno a gara a chi riesce a creare maggiore stordimento e annebbiamento sensoriale.

Il loro obiettivo è quello di tramortire l’incauto ascoltatore sotto quintali e quintali di rumore stratificato, di barriti assordanti e sperimentalismi ultracacofonici.

Ascoltando le loro messinscene cannibalesche mi viene alla mente “Tetsuo – The Iron Man”, film del regista giapponese Shinya Tsukamoto, in cui la società viene descritta come una realtà industriale, estremamente degradata e distruttiva, in cui il bianco e il nero si fondono per dare vita a un grigio violento, impressionista, in cui l’efferatezza delle inquadrature claustrofobiche evocate da quella pellicola, può apparire agli occhi dei più come un quadro delle cose insensato e volutamente macabro o eccessivamente negativo.

Ma che personalmente fa parte della mia visione della vita, che spesso risulta essere insensata, privata di qualsiasi emotività e governata da gesti futili e senza scopo. L’esistenza è concepita e si dipana attraverso situazioni “random” che non puoi governare, che l’uomo è costretto a subire volente o nolente.

Impossibile classificare l’avanguardia dei Borbetomagus, come è impossibile classificare la vita di ogni giorno, l’insensatezza delle cose che ti capitano giorno per giorno, è uno specchio che riflette la tua immagine non compiutamente perché non tiene conto delle mille sfaccettature, la realtà appare fredda e distante e tende a plasmare entità sempre più conformate, anestetizzate e private di un’anima autentica e genuina, bensì per lo più artefatta e costruita.

La musica dei Borbetomagus come il film di Tsukamoto sono lo specchio fedele della realtà di tutti i giorni. Dei gesti insensati che si compiono, delle nevrosi urbane e della solitudine catastrofica in cui riversa l’uomo ai giorni nostri.

A modo loro avanguardistici e precursori di una realtà che fa a botte con la definizione di umanità nel senso più positivo del termine.

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