I Sunn O))) si sono messi a fare pop, chi l'avrebbe mai detto! Eppure dalle prime gelide ed oscure note dell'opener "Etna" si sarebbe affermato piuttosto il contrario, dato che le atmosfere sono tali e quali quelle del precedente "Black One", oscuro macigno doom dalle venature black metal. Ma è solo una fugace impressione: ecco che di fatto spunta fuori una batteria, entità sconosciuta per il duo americano, ma state pure tranquilli, non si tratta di un canonico quattro quarti (ci mancherebbe altro...), bensì di colpi scoordinati e male assestati che ben si amalgamano ai drones malefici a noi tanto cari. Seguono colpi di gong, un riff elefantesco quasi degno dei Neurosis e un assolo malatissimo che suggella uno dei pezzi più belli ed ispirati mai scritti dalla band.

Eh sì, di novità ce ne sono in questo "Altar", album scritto a quattro mani con i compagni di label Boris. Come e quanto abbiano influito costoro nell'evoluzione del sound Sunn O))) non saprei dirlo, dato che ignoro chi siano e che cosa facciano nella vita. Posso dire solamente che in "Altar" troviamo melodia, batteria, voci e in definitiva meno chitarre. E dato che il sound Sunn O))), per come lo conosciamo e per come si è imposto alle nostre orecchie, è da sempre l'esatto contrario, ossia zero melodia, zero batteria, zero voci e chitarre assordanti, direi che ci sono seri rischi che l'album in questione possa spiazzare, se non deludere, più di un fan della band.

Ma è solo questione di sintonizzare il cervello su altre frequenze. E' vero che qui i suoni si alleggeriscono non poco, è vero che si viene a perdere la peculiare ed intransigente ostilità che da sempre caratterizza e contraddistingue la proposta di Anderson e O'Malley. Tuttavia i territori qui esplorati sono quelli del noise, della psichedelia, del rock spaziale, dell'avanguardia rumoristica, sonorità che ben si sposano con i drones spietati e con le colate chitarristiche dei Nostri. E poi i Boris sono pur sempre giapponesi, e da bravi giapponesi, anche nei momenti più pacati, riescono comunque a risultare lontani anni luci da molte ruffianate indie e post-rock che vanno oggi per la maggiore (ragion per cui preferisco di gran lunga i Mono ai Mogwai, ma questa è un'altra storia).

Per questo, invece di lamentarci del fatto che Anderson e O' Malley si sono messi a fare musica per signorine, dovremmo rallegrarci del risultato e lasciarci andare alle note sognanti ed eteree di pezzi come "The Sinking Belle" (Blue Sheep)", in cui i Sonic Youth più rilassati sembrano jammare con una stonata Julie Cruise, o come "Fried Eagle Mind", un etereo e liquido rock spaziale che si fregia di sensuali e minimali vocal femminili ad opera della stessa cantante dei Boris. Brani, questi, che, come intuibile, non ci incastrano davvero una mazza con il caratteristico sound dei Sunn O))), se non per gli immancabili drones e per certi effetti che rendono il tutto più confuso e lisergico. Sembra quasi che il titolo "Altar" (che invece faceva presupporre tutt'altro tipo di sonorità) voglia suggerirci che sull'altare siano stati sacrificati i Sunn O))) stessi.

Cosa comunque non del tutto vera (non facciamo troppo i cattivoni), poiché anche i più irriducibili e masochisti fan del combo americano potranno trovare pane per i loro denti, e non solo nella stupenda opener, di cui si è già parlato, e nella successiva "N. L. T. " (un tutto sommato anonimo intermezzo atmosferico): "Akuma Na Kuma", disturbata dalle voce artefatta di Joe Preston e da inserti di tromboni in stile peplum, è per esempio quanto di più folle abbiano scritto i Sunn O)). Mentre nella conclusiva "Blood Swamp", Anderson e O'Malley finalmente decidono di imbracciare le loro chitarre, regalandoci così un quarto d'ora da infarto con una mazzata di estenuante doom apocalittico come solo loro sanno fare e che ci ripaga dell'eccessiva orecchiabilità delle song precedenti: un viaggio allucinante, che si apre con l'arpeggio acido e settantiano dell'ex Soundgarden Kim Thayil e prosegue con i vari strati di chitarre, comprese quelle dei Boris, che si vanno ad aggiungere progressivamente.

Che dire, certe cose potevano essere fatte meglio e con maggior cura (in effetti, si ha l'impressione che i Nostri abbiano tirato un po' via, sia in sede di arrangiamento che in sede di mixaggio), per cui a tratti il tutto può apparire un po' scontato e superficiale. Tuttavia questo "Altar", oscillando fra oscura drones music e scanzonata psichedelia, si fa ascoltare con enorme piacere, rilucendo di una freschezza e di una immediatezza inedite per il sound oppressivo dei Sunn O))). Rimarranno delusi i fan più accaniti, ma in compenso gioirà il resto del mondo.

Stay easy, la vita è bella. Lasciatevi dronare anche voi.

 

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