Fino al minuto 2'10" della seconda traccia del disco, "Rainbow", stavo già presagendo una clamorosa stroncatura per questa ennesima fatica degli iperprolifici nipponici Boris (fra collaborazioni coi Sunn O))) e dischi solisti le uscite negli ultimi due anni già si contano a fatica).

L'iniziale "Rafflesia" difatti, sembra una malriuscita versione heavy di qualche gruppo shoegaze, e non dei migliori. Piega musicale intrapresa peraltro già nell'ultimo lavoro ufficiale "Pink", di per sé poco focalizzato.

Ma dalla suddetta seconda traccia in poi tutto cambia. Merito della chitarra di Michio Kurihara dei connazionali White Heaven prima, e Ghost poi, che erutta fiotti di lava acida sull'andamento intimista di "Rainbow". Un disco che vive di questi improvvisi interventi chitarristici, fantastici non tanto per discorsi tecnici, quanto per una distorsione e un suono fra i più acidi nei paraggi. Kurihara sembra quasi un automa in stand-by, risvegliato a comando per devastare le sinapsi con le sue sfuriate soliste, spesso registrate due toni sopra il tutto ("Starship Narrator"). Ovvio che anche i Boris ci mettono del loro, variando non poco stile rispetto al loro usuale canovaccio artistico, accentuando una vena melodica e pacata finora tenuta nascosta. Esempi ne sono il tenue arpeggio di "My Rain" e la sacralità di "Shine".

Rimangono comunque le canzoni in cui Kurihara spadroneggia le migliori. L'Hendrixiana "Sweet No. 1", un rutilante boogie dalle screziature "funkadeliche" punteggiate da percussioni dal particolare timbro metallico. O il devastante semi blues di "You Laughed Like A Water Mark", dall'andamento simile ad un'oscuro pezzo dei Motorpsycho, "She Used To Be A Twin", in cui Kurihara molesta la sua chitarra fino a farne fuoriuscire un suono fra il pianto di un infante e lo squittio di un roditore.

Mi piace immaginare che Kurihara, alla fine delle session di registrazione, sia rientrato in ascetico stand-by nello studio, col piede pronto a mezz'aria sul pedale, la sei corde a tracolla, e tanta voglia di trafiggerci i timpani alla prima occasione utile.

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