Sorriderete subito quando vedrete quell'innocuo cuoricino sulla copertina.
Continuerete a sorridere (questa volta un po' più amaramente) quando vi accorgerete subito dall'opener, "Messeeji", che dietro ad una copertina così "easy" si cela un album che non è né "easy" né "hard", è proprio "sticazzi": una marcia senza capo né coda con una cadenza da panzer dettata da un basso pompatissimo e troglodita che viene sporcata da qualsiasi cosa che possa sporcare: saturissimi fuzz, rasoiate di elettronica al vetriolo e feedback che partono come razzi e saltellano impazziti di qua e di là fino a farti scoppiare la testa.
Imperterriti, non la smetterete di ridere (per non piangere) quando vi accorgerete che è solo l'inizio di questa tortura per i vostri timpani. "Hanate" (tremendo inferno di distorsioni che si chiude con dei fottutissimi arpeggi acustici[!!]) e "Tonari no Sataan" (guazzabuglio di struggenti melodie [!!] alternate ad un'altra ingente quantità di letale "sporcizia" sonora) vi faranno imprecare contro questi tre svitati più di quanto ve lo farà fare "Kare Hateta Saki", perché almeno questa sembra dirvi "io sono un inascoltabile inferno del noise più cazzuto e non cerco di sembrare di non esserlo per piantarvelo nel diddietro ancora più violentemente".
E' esilarante per me immaginarvi quando ascolterete "Hana, Taiyou, Ame", cover dei connazionali Pyg (supergruppo giapponese, eroi dell'era "Group Sounds"), e rimarrete sbigottiti al pensiero che pure questi tre folli possano avere un cuoricino (quello della copertina) prima di essere riportati a pedate alla realtà da un brano come "Buzz-In" (una sorta di hard rock ottantiano tamarro che diventa l'ennesimo marasma sonoro). Le vostre orecchie saranno parecchio stanche, ma "Kimi Wa Kasa o Sashiteita" e la conclusiva intitolata traccia finale (scritta a otto mani assieme all'inseparabile e altrettanto svitato compagno di merenda, Stephen O'Malley) vi impediranno di tirare il fatidico sospiro di sollievo perché dovrete sorbirvi ancora quasi mezz'ora (rispettivamente nove e diciannove minuti di durata) di instabili ed ondulanti sonorità tipiche del drone più masturbatorio.
Ho sorriso anch'io quando mi sono accorto che durante gli ascolti di questo "Smile" non abbia mai capito un cazzo ma è stato un tremendo piacere e sorriderete anche voi, infine, all'idea che, quando vorrete affrontare la droga per non rifugiarvi nella realtà, potreste chiedere un po' di robba a questi pazzoidi nipponici e saprete di andare sul sicuro.
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