Batteria, chitarra e un coro. Bastano i primissimi secondi di "The Rhymes of the Mountain", episodio incipitario di questo Winter Thrice, ultima fatica dei Borknagar, gruppo che più che essere una semplice band è un All Star Team, per venir subito gettati nel mood gelido, come gelida è la copertina, dell'intero album.
Ho parlato di All Star Team perchè, per chi non conoscesse ancora la band in questione, vi militano alcune delle personalità più importanti del metal estremo scandinavo. Se diamo un'occhiata alla line up, leggiamo dei nomi che sono delle vere e proprie leggende:
- Andreas "Vintersorg" Hedlund (leader, tra gli altri, degli omonimi Vintersorg), alla voce
- Simen Hæsntes, alias ICS Vortex (Arcturus, ex-Dimmu Borgir), al basso e alla voce
- Lars Nedland "Lazare" (Solefald), alle tastiere e alla voce
- lo storico chitarrista Øystein Brun
- Baar Kolstad, il giovane batterista che milita anche nei Leprous
Oltre a costoro, vi sono alcuni ospiti, tra cui colui che io considero una divinità, talmente è ricco di genio e personalità: Kristoffer "Garm" Rygg (ha forse bisogno di presentazioni?).
Bene, dopo aver fatto il mio bel elencuccio di nomi altisonanti, passiamo all'album. Cos'è questo "Winter Thrice"? Su internet si leggono diversi generi che gli vengono affibiati, progressive metal, viking metal, folk metal, black metal. Io (azzardo eh, non uccidetemi per questo) opterei per un "Borknagar metal". Infatti, pur non essendo io un grandissimo esperto di viking/folk metal, ma avendo comunque in mente qualche lavoro di Bathory e qualche altro esempio, non vedo molti richiami ai suddetti generi. O meglio: ve ne sono, ma solo per quanto riguarda l'aspetto puramente musicale. Ma di vichnghi e di folklore scandinavo, io non vedo molte tracce. Anzi, non ne vedo affatto. Ma non è neanche puramente progressive metal: ci sono dei cambi di tempo, ma non vi si trovano altri elementi fondamentali del genere, come possono essere certi virtuosismi o i tempi dispari. E, men che meno, è un album black metal. Si potrebbe usare l'etichetta di "avantgarde", ma non si trova una grande sperimentazione. Ergo: "Borknagar metal" è, dal mio punto di vista, la definizione più calzante.
Non essendo io un musicista o uno che si intende particolarmente dell'aspetto prettamente tecnico, non mi esprimerò su tali punti di vista, per evitare, come si suol dire, figure da cioccolataio. Ma lasciate che vi dica una cosa: Winter Thrice suona fottutamente (ops, scusatemi) bene! Non sarà di certo un album perfetto, ma ogni elemento sembra essere al posto giusto, al momento giusto. Sicuramente non è al livello di altri capolavori dei Borknagar (io preferisco, per fare solo un paio di esempi, Origin ed Empiricism), ma questo è un album che raggiunge e supera di gran lunga la sufficienza.
Pochi i punti deboli, pochi i momenti noiosi o non interessanti (personalmente, l'unico che mi viene in mente nel momento in cui scrivo è Panorama), mentre molte sono le soddisfazioni, soprattutto negli episodi in cui, dopo parecchi anni, si risente la stupenda voce di Rygg al microfono del progetto Borknagar: in particolare, la title track è la canzone che più mi ha preso, quella che riascolto almeno una volta al giorno, anche quando non mi va di sentire l'album nella sua interezza. Altra canzone particolarmente azzeccata è "When Chaos Calls", in cui una mesta intro di pianoforte viene bruscamente interrotta da una sfuriata parecchio potente, non al pari di band black metal, ma sicuramente di grande effetto, che poi viene alternata a momenti più quieti ed altre sfuriate, ma anche "Noctilucent" e "Terminus".
La produzione è cristallina, il missaggio permette di udire distintamente ogni strumento, dal basso di ICS Vortex alle tastiere di Lazare, senza il minimo sforzo: basta solo un po' di attenzione.
Se vogliamo essere proprio pignoli, come Giovanni in "Tre uomini e una gamba", una grossa pecca c'è: a tratti, alcune canzoni sembrano assomigliarsi tra loro. Un esempio su tutti, alcune sezioni della succitata "When Chaos Calls" mi ricordano abbastanza, forse troppo, l'incipitaria "The Rhymes of the Mountain".
Ma, oltre a questo, abbastanza grave, punto, non ho riscontrato grossi problemi nell'ascolto di quest'ultima fatica borknagariana.
Capolavoro? Assolutamente no. Ma un prodotto molto ben riuscito, a tratti forse un po' commerciale (mi viene in mente "Erodent" come esempio), con qualche ritornello orecchiabile, quasi radiofonico, di facile presa. Ma non sempre ciò è da considerarsi come un punto negativo. A meno che si sia dei cultori del Trve Black Metal o, più in generale, dei metallari che rifiutano qualsiasi cosa possa essere anche solo un minimo commerciale. In tal caso, ne sconsiglio l'ascolto. Ma se, come il sottoscritto, non vivete il metal come qualcosa che deve essere a tutti costi quanto di più lontano dal concetto di commerciale esista, allora prego: inserite il disco e premete play.
Carico i commenti... con calma