Riferendosi al calderone di band post-hardcore degli anni 2000 tutti, giustamente, chiamano a rapporto autentici mostri sacri come Thrice e Thursday. Ingiustamente però non vengono presi in considerazione questi quattro ragazzotti dell'Ontario che all'epoca dell'uscita di "Make Yourself Sick", loro primo full length, destarono non poca ammirazione. Ma al contrario dei gruppi precedentemente citati, i nostri hanno avuto la colpa di non aver saputo confermarsi su alti livelli, sfornando negli anni successivi un paio di ciofeche del tutto dimenticabili.

Ma andiamo con ordine. In questo lavoro i Boys Night Out trattano lo sputtanatissimo tema dell'omicidio della propria fidanzata, molo caro ai successivi gruppi truzz screamo, in modo totalmente nuovo, spiazzante, sadico. Sadico perchè la maggior parte di brani si appoggia su una solida base pop-punk, dando un tono quasi scanzonato ai terribili eventi che vengono descritti; ma quando non ce lo si aspetta intervengono scream sovrapposti l'uno all'altro, cambi di tempo e articolati arpeggi. Fermiaco un attimo sui testi; leggendoli senza ascoltare il brano risulta evidente l'altissimo numero di alliterazioni (!), non so quanto volute poi, ma è comunque da segnalare. Qualche esempio:

"you better bring your baseball bat or better because broken bones and black eyes are a safe bet" in "(Just Once) Let's do Something Different"

"caring came to the crime scene but bloodlust beat them back" in "The First Time it Shouldn't Taste Like Blood"

"chronicle the chemicals, but don't forget the cigarettes" in "The Fine Art of Making Out Alive"

Come possono far trasparire i titoli, la struttura delle tracce è tutt'altro che banale: il singolone iniziale "I Got Punched in the Nose for Sticking my Face in Other People's Businnes" è ideale per il sing-along e il battito di mani a tempo e perfino l'immancabile ballata ("It's Dylan, You Know the Drill") risulta non convenzionale, con un lento e dolce arpeggio iniziale che dopo poco esplode in varie urla strazianti. Da segnalare poi "The Anatomy of the Journey", che fonda elementi di puro caos screamo ad altri più poppeggianti, lasciando di sasso l'orecchio. Dimenticate la classica alternanza scream-canto pulito, qui è tutta una pugnalata, quasi a ricordare ciò che viene fatto alla povera ragazza, si passa dagli stati emozionali più differenti più e più volte all'interno di uno stesso brano, ma non con disinvoltura, l'intento è quello chiaro di confondere,  ogni urlo è sottolineato dal basso e dalla batteria. Ecco la presenza del basso è piuttosto preponderante, soprattutto nei momenti morti, che da un leggero tocco hardcore che non guasta.

Prorio un peccato che negli anni si siano persi, ma questo è davvero un gioiellino, da non lasciar cadere nel dimenticatoio.

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