Il country è sempre stato un genere poco cagato in Italia. Poco trasmesso. Poco discusso, pochissimo apprezzato. Perché? Suppongo causa sia la forte evocatività geografica e culturale che trasmette. Se non si è mai visto nella vita che cos'è un canyon, che cosa significano chilometri e chilometri di nulla (per essere poetici: di tutto e nulla) che separano un centro abitato da un altro, che cos'è il deserto e cosa sia la vita ai suoi margini, si hanno probabilmente poche chance di capire il country. Probabilmente non basta neanche, bisogna andare a vivere in America. No, non ci sono storie, bisogna essere nati lì. E siccome io rispondo soltanto al primo prerequisito, immagino di capire ben poco, nel country, di quel che c'è da capire. Capire, sentire?

Capisco sicuramente due cose pero'.

La prima è che la lontananza della "cultura country" me la rende tremendamente affascinante.

La seconda è che persino io, italiano polentone ignorantone, credo di rendermi conto che il terzo disco del  roseo giovanottone del West Virginia (meno giovane di quel che sembra in realtà) Brad Paisley è un bel discotto. E' pressoché l'unico disco country che io abbia ascoltato per intero, ma ho sentito un numero sufficiente di canzoni di altri artisti da poter realizzare che il buon Brad non è una macchietta né un imitatore senza anima, nonostante l'età e l'enorme eredità del genere alle spalle. Gli fa paura questo confronto? No.

E infatti veniamo a noi: cosa trasmette un musicista country americano a un polentone? Relax. Intimità. Spensieratezza. Passione. Dal punto di vista prettamente tecnico e di arrangiamento, queste diciotto tracce sono impossibili da disprezzare: il festone che il nostro imbastisce vede chitarre elettriche ed acustiche, banjo, archi, percussioni, cori bianchi e mica bianchi e su tutto svetta il suo carisma mica da poco, la sua chitarra che tesse tanti assoli memorabili e la sua calda voce che riscalda come il solleone sulla Route 66.

I capolavori melodici e festaioli di  "Mud on the Tires", "Celebrity" e "Little Moments" si conquistano l'ascoltatore quand'è ancora fresco, peccato il disco si stemperi andando avanti con qualche duetto di riempimento (memorabile però quello con Alison Krauss nella soffusa "Whiskey Lullaby") ma intanto lascia qualcosa: ed è tutta allegria. Capiremo mai davvero un genere come questo, così lontano da Silvio, dalla Carfagna dalla Monnezza dai nostri problemi dai nostri preconcetti dalle nostre seghe mentali, così lontano, così semplice e immediato... ma forse solo in apparenza?

Carico i commenti...  con calma