Temerario drappello di pseudo-noise devianti, scalcinati suono sfasciatori/innovatori, i Brainiac (Dayton - Ohio) rappresentarono realisticamente, giusto alla metà dell’ultimo decennio del millennio scorso, una sferzante, sferragliante, vitale boccata di ossigenante, impalpabile, godibile substanzia nel magmatico/vitreo panorama indie/alternative/rock a stelle et strisc(i)e.
Pienamente consci del non trascurabile fatto che Dead Kennedys (recentemente riformatisi), Butthole Surfers e compagnia mutante hanno già, a loro tempo, fatto straniante (s)comparsa sul pianeta Terra, costringono l’improbabile folta audience ad uno sbilenco e spesso scellerato, sanguigno baillame, fortemente primi-Devo oriented [letteralmente und supinamente, omaggiati sulla (scon)quadratissima “Nothing Ever Changes”: una (im)POSSIBILE novella “freedom of choice”(!!!) ..con un “drive” pazzesco], abilmente et gioco-forzosamente mescolato col “tipico” (si fa per dire..) marchio Albiniano apprezzabile in casa Touch and Go, mid-nineties periodo: suoni arcigni, squadrati, spesso pesantemente et elettronicamente illuriditi, spigolosi quantunque elegantemente frastornanti: un (im)probabile (e parecchio riuscito, a modesto sfascievole parere) tentativo di ulteriormente destabilizzare il (precedentemente et diversamente) destabilizzato marasma-sonicheggiante made in U.S.A.
Oltre al falcidiante impatto naif/modernista tratteggiato ad abbaglianti multicromate tinte, il tratto sonico epidermicamente distintivo, si scorge nel melodicamente/sguaiato (davvero formidabile) vocalizzatore e mente pensante del Brainiac-progetto, Timmy Taylor: “melodie” corrotte, improbabili, sghembe, scorticate, talvolta disumanamente filtrate da chissà quali improponibili aggeggi distorsivi: si ausculti in questo senso, forse l’episodio più significativo dell’intera (sub)umana raccolta, la devastata/nte “I Am A Cracked Machine”: 4 primi e 34 secondi di follia “pop” devoluzionista/visionaria: uno degli esempi più fiammeggianti di cosa dovrebbe/potrebbe (se credibile) essere il “rock (davvero) alternativo” (e di come difficilmente in realtà, ora più che mai, lo si trova) d’oltreatlantico et non.
Macabra ironia della sorte volle che la avvincente e poco più che abbozzata (tre lavori sulla lunga distanza, qualche singolo ed un promettentissimo, praticamente postumo, mini cd: stratosferica avvisaglia di un nuovo intero lavoro mai pubblicato..), sfolgorante Brainiac-avventura, guidata dall’eccentrico vocalist, cessò improvvisamente ed incontrovertibilmente: Tim prematuramente dipartì, causa incidente stradale, l'anno successivo all'uscita del descritto spiazzante lavoro.
Fenomenale progetto, grandissima quanto potenzialmente e definitivamente inespressa band: date Loro una (ancorché postuma) chance: la Statica Couture vi affascinerà indelebilmente.
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