Incantevoli escursioni oniriche, dialoghi canori intergalattici un po' nevrotici, percussioni ancestrali, esotiche e magnetiche orge sonore multietniche dove sitar, tablas e cuíca si accoppiano senza ritegno con sofisticati fraseggi di elettronica spinta, spruzzate di hammond e delicatezze flautate.
Tutto questo diretto da un poliedrico musicista-guru svizzero/belga: Joel Vandroogenbroeck.

Il terzo capolavoro di avant-garde cosmica di questa lisergica multinazionale chiamata Brainticket è un concept ispirato dal libro egiziano dei morti. Registrato tra l'altro, in Italia, risulta più levigato e maturo dei precedenti lavori. Viene meno una primitiva cupezza melodica, già parzialmente abbandonata in "Psychonaut", a vantaggio di espedienti sonori più fluidi ed eleganti, conservando però vaghe tracce dello psycho-progressive Canterbury dei Soft Machine, non a caso, uno dei gruppi preferiti di Vandroogenbroeck.
"Celestial Ocean" potrebbe essere designato come uno dei capisaldi di quel movimento proto-new age in buona compagnia con "Hosianna Mantra" dei Popol Vuh, e (forse è un azzardo), opera pionieristica di ciò che verrà chiamata genericamente techno music, se non altro per l'impiego massiccio di elettronica e sintetizzatori presente nell'album.

Una particolare attenzione è dovuta alla cantante americana Carole Muriel che da' vita a dissertazioni vocali degne di un erotico androide. E' l'automa femmina di "Metropolis", la Brigitte Helm versione kosmische musik ed ha il notevole merito di non sfociare in un'algida impersonalità di stile.
Se amate il trip mistico e arcaico della psichedelia interstellare delle origini, la sperimentazione genuina e colta, nuotare in bilico tra spazi temporali e mondi paralleli in un oceano sì celestiale ma anche sensualmente terreno e vagare in dimensioni astratte e impalpabili, questo è probabilmente il disco che fa per voi.   

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