Dopo quasi 10 anni dall'uscita di “Distance” i Branches, formazione siciliana, hanno dato alle stampe il secondo album “Old Forgotten Places”. Sono una derivazione matura dei Trascendental Dark nati nel 1996 e di cui hanno mantenuto, rielaborandoli, i brani “From Somewhere” e “Mice” presenti nel primo album “Distance” del 2006.
I messinesi “Rami”, così la traduzione del loro nome, affondano le loro radici nel passato della new wave anni 80 succhiando la linfa vitale più scura dalla darkwave e dal post punk di quel periodo magico e creando una musica nuova e ricercata.
Sono Enrico Russo alla voce e chitarre, Giovanni Scuderi al basso, Francesco Forestiere alle tastiere e synth e Giampiero De Francesco alla batteria e drum machine.
Questo secondo lavoro conferma quelle che erano le premesse dell'album “Distance”, il gruppo ci propone la sua musica decadente e romantica che a sentirla non diresti mai abbia origine in una terra così calda e famosa per il mare e il sole.
L'album colpisce subito per la copertina che ha i toni dell'azzurro e del bianco sul lato di fronte un imponente ghiacciaio, nel retro un'aurora boreale!
Le 8 tracce si susseguono una dietro l'altra per 54 minuti di suono quasi come i vecchi lp.
Si apre con “Sedna”,un brano strumentale, che fa da intro anche se è il pezzo più lungo del cd, le atmosfere, si sente subito, sono quelle di una glaciale elettronica con cupi synth e un basso post punk in primo piano. Ti aspetteresti una evoluzione del brano che invece continua su quel ritmo ossessivo fino alla fine.
E' un'opera molto strumentale ma i brani cantati hanno dei testi ben curati che parlano di ricordi e del tempo che passa. Già il titolo, “vecchi posti dimenticati”, reca con sè una profonda malinconia.
Il secondo brano “Wake”, risveglio, è una riflessione sulla fede perduta, sul tempo perso, la tristezza e il senso di colpa.
Anche il brano “All That is Left” è dedicato a quello che ci siamo lasciati alle spalle, un funerale di vecchi ricordi di una età giovane e ribelle.
Nella canzone “The Sunset Way”, viale del tramonto, quasi a citare il vecchio film degli anni 50, a sorpresa c'è un momento mistico: dopo aver detto “mi sto indebolendo piano piano, cenere attraverso la nebbia”, si parla della passione di Cristo e del suo calvario visto attraverso gli occhi avvelenati dei suoi assassini.
Per quanto riguarda le musiche di questi 3 brani si sentono molto le influenze dei Cure, dei Sad Lovers and Giants o dei Tears for Fears, insomma la migliore new wave.
Il pezzo successivo, lo strumentale “Interlude” è l'ideale inizio del lato b del 33 giri, un brano breve e veloce che introduce alla funerea marcia solitaria, “The Lonely March” che con un incedere marziale rimanda ai Cure di "Pornography" o al brano "The top"; bellissime le chitarre e tastiere al minuto 3:15. E' una marcia solitaria nelle terre emerse, nei mari più profondi sotto il peso del tempo.
Il settimo brano è la ballabile “Declining Days”, l'ideale singolo: il ritmo è più allegro ma il testo sempre drammatico. Qui si sente l'influenza della darkwave elettronica dei Frozen Autumn e dei Clan Of Xymox ma rispetto agli Xymox il testo è più curato. Si parla di posti dimenticati e consumati dal tempo che passa e la speranza muore sotto gli archi, tra le rovine. Quindi non c'è spazio per la gioia, d'altra parte il titolo è giorni deteriorati.
L'ultima traccia “On an Ice Plate”, su una lastra di ghiaccio, rallenta di nuovo e le atmosfere si fanno più ambient. Questo brano sembra dedicato a qualcuno che non c'è più, è tra gli angeli e nel silenzio si può sentire la sua voce di fantasma.
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