Conosco “The Story” perché adoro “Grey’s Anatomy”. So che “The Story” è di Brandi Carlile perché l’ho letto nei titoli di coda di un episodio.

“The Story”, per inciso, è un bellissimo brano rock in cui la bella voce della Carlile ricama dapprima dolci melodie – leggeri accordi di chitarra - e poi divampa in un crescendo rabbioso – cori e ritmica in agitazione. “The Story” è anche un album, il secondo della cantante di Ravensdale dopo una serie di EP e registrazioni live. Dato alle stampe nel duemilasette, esso raccoglie tredici momenti musicali che spaziano dal pop-rock da strada extraurbana principale sporcato da una voce a tratti dolcemente roca a delicate cesellature acustiche. A tutto fa da contorno un’aura decisamente folk che conferisce alla musica della Carlile un retrogusto rustico che neanche le “Più gusto” della San Carlo posseggono.

Ad accompagnare lei, dotata chitarrista, troviamo alla ritmica i fratelli Hansenroth (Phil e Tim) e, qua e là a seconda del vento, il violoncello di Josh Neumann. Alla corte della pregevolissima title-track, tra i brani degni di nota figurano la soave cantilena di “Josephine”, accompagnata dalla sola chitarra, il bel crescendo dell’iniziale “Late Morning Lullaby” e la bella “Turpentine”, del resto anch’essa utilizzata dalla balossa Shonda Rhimes come colonna sonora alle vicende del “Seattle Grace Hospital”.

Parlando degli altri brani, mi pare opportuno dire solamente che taluni di essi giocano particolarmente sull’espressività (notevole) della bella voce della cantautrice e, spesso, sull’efficacia di cori da vigilia di Natale – penso alla musicalità di “Downpourt”, all’introspezione di “Cannonball”; penso all’intensità di “Have You Ever” ed alla quiete della conclusiva “Again Today” (purtroppo aggravata dalla solita abitudine della ghost-track - qui peraltro non malvagia – che, grazie ai minuti di buio, crea tracce dalla durata emersonlakepalmeriana anche negli album di Cesare Cremonini). Talaltri brani risultano di contro piacevoli cavalcate musicali sui destrieri della ritmica: ne sono esempio “Wasted”, la tirata “Until I Die” e “My Song” – brano quest’ultimo decisamente bello.

Completano l’album l’evocativa “Shadow On The Wall” e la ruvida “Losing Heart”, brani che, seppur nulla aggiungendo a quanto detto, impreziosiscono il valore di un lavoro raffinato e viscerale. Un’ottima scoperta, insomma: “The Story” risulta essere un album fresco, ben eseguito, solido e senza alcun momento a vuoto. Magari non avrà questa originalità clamorosa, ma del resto quasi nessuno l’ha più, oggigiorno.

E la bella Brandi è ancora giovane, in fondo.

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