A Perugia, come penso valga per altre città italiane, esiste il “Book Stop”, cioè un punto collocato alla fermata del treno o del minimetro (ce ne sono diversi, per quante sono le stazioni), che consiste in una specie di pannello, tipo leggio, dove si possono trovare sempre libri diversi. La cosa divertente è che, oltre ai libri, vi si possono trovare (e ve lo dico per esperienza, che vi sto per raccontare) anche VHS, provenienti, presumibilmente, dalle biblioteche della zona, che, avendo dei doppioni, mettono a disposizione le copie in più. Chi passa ha il diritto – quasi il dovere – di prendere in mano l’oggetto esposto, totalmente “free”, portarselo a casa, regalarlo, oppure lasciarlo a una stazione successiva (se si tratta di un libro a cui dare una sbirciata – il VHS è “home video”!)
Avendo iniziato da poco il mio primo anno di Università, solo da pochi giorni, più volte, ho potuto notare questa curiosa opportunità – questo servizio totalmente gratuito, mirato a diffondere la cultura. Inizialmente osservavo e basta. Oggi, invece, non ho potuto resistere.
Alla fermata del minimetro subito fuori dalla Stazione centrale, adocchio due VHS, tra i vari (più alcuni libri): “Risvegli” (regia di Penny Marshall – 1980 – con Robert de Niro e Robin Williams come attori protagonisti) e “Donnie Brasco” (regia di Mike Newell – 1997 – con Johnny Depp e Al Pacino). Avendo ricevuto da poco, da un mio conoscente, un videoregistratore usato ancora funzionante, che da anni era in fase di stallo, non posso che essere allettato dai due film esposti, che mi chiamano “prendimi! … prendimi!”. Insomma, li prendo.
Dopo un’oretta circa, sfruttando la validità del biglietto, che ancora non è scaduto, e, dovendo, di fatto, tornare alla stazione dei treni, riprendo il minimetro che, dal Centro, “mi riporti indietro da dove son partito”. Prima di arrivare a destinazione, mi viene la curiosità di scendere a una fermata precedente, per trovare qualche altra chicca nel Book Stop di riferimento. Vi trovo ben quattro VHS, dei quali devo selezionarne alcuni, per rispetto e anche per il gusto della scelta. Le mie mani – e i miei occhi – afferrano “Blow Out” e “Carlito’s Way”, entrambi del maestro Brian De Palma. È del primo che vorrei parlarvi, essendo l’unico che ho visto, appena tornato a casa, ed essendo fresco di visione.
Di Brian De Palma conosco già – per averli effettivamente visionati – “Ciao America!” (1968), “Carrie” (1976) (finora il mio preferito del regista), “Vestito per uccidere” (1980), e “Scarface” (1983) (visto una sola volta, e molto molto tempo fa). Di questi quattro che ho citato, quello più vicino allo stile e alla struttura di “Blow Out” risulta essere “Vestito per uccidere”, uscito l'anno prima.
È il 1981! De Palma è ancora sposato con la sua scoperta dei tempi di “Carrie”, Nancy Allen, che interpretava la Cattiva per eccellenza nell’horror dominato da Sissy Spacek e da Piper Laurie (anche lei cattivissima!). In “Blow Out”, invece, come in “Vestito per uccidere”, la bionda newyorkese indossa i panni della protagonista bonaria, che aiuta nelle indagini successive a un omicidio.
John Travolta (anch’egli antagonista in “Carrie”, e ancora ben lontano dal suo ruolo più tragicomico – quello in “Pulp Fiction” – che recentemente gli è costato un meme “da Oscar” direi), alias Jack, è un ex-poliziotto che si dedica al settore cinematografico degli effetti sonori.
Una notte, registrando dei “field recordings” in prossimità di un ponte, Jack/John assiste a un incidente automobilistico: la macchina finisce nel fiume, dopo aver sfondato la barriera di protezione sul bordo della strada. Nell’auto ci sono due persone: una ragazza – cioè Sally/Nancy, e un uomo, morto, che poi si scopre essere il governatore dello Stato di riferimento, candidato alle elezioni presidenziali. Jack/John salva la ragazza, con la quale darà il via a una relazione, che è più un gioco di sguardi tra una fase e l’altra delle indagini. Naturalmente a Jack viene intimato di tenere la bocca chiusa, di non rivelare la presenza della ragazza nella macchina del Governatore, per non incappare in uno scandalo di dimensioni nazionali. La situazione, giustamente, gli sta stretta, a tal punto che decide, attraverso il riascolto dei nastri e la visione ripetuta e dettagliata del filmato dell’incidente, di andare più a fondo nella questione – aiutato da Sally.
Non vi rivelo il finale, ma vi assicuro che De Palma tocca le vette della genialità, tramite un espediente grottesco, che davvero vi darà la pelle d’oca.
Parlando del rapporto “Vestito per uccidere/Blow Out”, sussistono diverse analogie, ma c’è anche una grossa differenza di fondo. Il primo dipende molto da “Carrie” (certe scene ne sono un riferimento sfacciato, la musica stessa – del fedele Pino Donaggio – ricalca quella del capolavoro horror), e ha una morbosità più accentuata, marchio di fabbrica del regista; “Blow Out”, d’altro canto, seppur condivida delle atmosfere, di immagine e di suono, con il precedessore, è una pellicola che esplora con più attenzione, in punta di piedi, il genere del “giallo all’italiana”, rimanendo, pur sempre, hollywoodiana, e ha una forte connotazione politica.
Se “Vestito per uccidere” indulge in allegorie freudiane, che ho trovato, a tratti, di cattivo gusto, “Blow Out” vince tramite un dosaggio della tecnica e del narrato, crea un equilibrio, su base ritmica, che non annoia e non dà l’idea di voyeuristico (nonostante l’ “occhio della spia” sia sempre presente).
L’interpretazione di Travolta non è certo stellare, nemmeno quella di Nancy Allen, ma sono la storia, la macchina da presa impeccabile di De Palma e la musica, a far da contrappunto, che elevano il film a capolavoro.
Voto: 8,5/10
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