"Ti offenderesti se qualcuno ti chiamasse un tentativo?" Lo chiederei a questo disco, se avesse orecchie per intendere. Con tutto il tatto di cui sono capace certo, per non urtarne l'amor proprio. D'altra parte essere considerati un tentativo di qualcosa non deve essere esattamente il massimo, nemmeno se questo qualcosa è uno dei capolavori assoluti della musica contemporanea.
Ora, il fatto curioso è che, concettualmente parlando, "Music For Films" non ha nulla a che vedere con il mitico "Music For Airports". Il nostro infatti - e in questo senso mai nome di album fu più eloquente - esibisce una musica ancora visceralmente legata al fluire di immagini e scene, legate perlopiù al substrato cinematografico. Le canzoni, cioè, hanno un potere evocativo che sparirà del tutto in "Music For Airport", in cui Eno rivisiterà il concetto stesso di colonna sonora, studiandola non più per immagini ma per ambienti (da qui la nascita dell'"ambient-music"). Il fatto stesso che i pezzi abbiano dei nomi "usuali"- contrariamente a quanto avviene in "Music For Airports" dove i 4 brani sono identificati da numeri progressivi - suggerisce come, persino nelle intenzioni del "non-musicista", gli album fossero concettualmente svincolati l'uno dall'altro, nel senso che ho appena esposto.
Eppure, nonostante la corretta esegesi del disco mi smentisca, "Music For Films" rimane, nella MIA personalissima percezione delle cose, se non proprio un tentativo, in quanto manca l'intenzionalità, una sorta di brutta copia, uno schizzo, o per meglio dire, appunti presi in ordine sparso su un block-notes, appunti che attendono di essere riorganizzati e rielaborati in una forma compiuta e organica che sarà di fatto "Music For Airports".
Il disco infatti si presenta come un mosaico di 18 frammenti musicali discontinui, perlopiù di breve durata e di tonalità cromatiche molto differenti tra loro: con estrema disinvoltura si passa dalle atmosfere eteree di "From The Same Hill", con una sgusciante chitarra acustica che irrompe di tanto a creare un singolare effetto di suspanse nel farsi attendere, alle soffici ed impalpabili trame sonore di "Slow Water" e "Strange Light", passando per inquietanti vortici "interstellari" come "A Measured Room" con suo fenomenale giro di basso o "Quartz" o la minacciosa "M386", che sembra accompagnare i movimenti meccanici di un androide che ci si avvicina minaccioso. L'episodio più intenso ed espressivo rimane, comunque, la romantica "Sparrowfall", che, nelle sue tre parti, si estende su poco meno di quattro minuti, sviluppando poche idee ma di grande effetto patetico, in grado di stamparsi nella memoria già al primo ascolto.
Insomma, il giudizio complessivo dell'album è positivo, la qualità della musica è decisamente elevata. Tuttavia la frammentarietà del lavoro, la sua instabilità e l'impietoso confronto con le opere precedenti e successive, di ben altro spessore artistico, lo rende un episodio poco entusiasmante, inconcludente e, detto con franchezza, persino trascurabile.
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