Malinconici dormiveglia ci guidano in piccole oasi sonore. Nebbiosa ambient che non sa ancora di esserlo e che evapora stupefatta nell’etere; melodie smozzicate, accordi tronchi e grigi frammenti artificiali compongono miniature di paesaggi autunnali.
Balbettanti chitarre acustiche come foglie sollevate dal vento; atmosfere incerte madide di vaporosi sintetizzatori che nascondono l’altra riva del fiume. Ricordi confusi dove splendono insignificanti dettagli: un giornate spiegazzato, il modo che lei aveva di sistemarsi i capelli, il tintinnio del cucchiaino rigirato nella tazzina del caffè.
Bozze di rock deformato, addolcito e trasceso da misurini centellinati di tastiere al saccarosio; appunti scritti sulla prua di una nave in partenza. Visi di donne che incrociamo sul nostro cammino; visi che scompaiono troppo in fretta; donne che non conosceremo mai.
Sogni che si interrompono prima che l’immagine sia cristallizzata; bassi elettrici che duettano con liquide slide mentre il sipario si sta abbassando. Mondi che scompaiono prima ancora di metterci piede, soundtracks minimali di pellicole solamente immaginate.
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