In Eno We Trust 

Quando la dissonanza va a braccetto con il minimalismo e lo sperimentalismo modale non può che nascere qualcosa di splendido e senza tempo come questo "The Drop" di quell'artigiano indomito, scopritore di nuovi territori sonori e vero anticipatore degli scenari attuali in tempi non sospetti che risponde al nome di Bran Eno. Di questo talent scout - musicista - produttore - ingegnere del suono - musicologo – teorico - scrittore e studioso si è già detto molto.
Questo disco rappresenta un'ulteriore ricerca sempre attigua al suo campo d'azione che fonde assieme le strutture elettroniche portanti di base con loop ipnotici trance parenti prossimi delle composizioni di stampo orientali per l'uso esteso della gamma dei toni (e non le normali 7 note occidentali) e l'uso ossessivo di tonalità in minore anche nella strutturazione degli interventi di asolo (ricerca quasi parallela a quella del suo vecchio compagno Robert Fripp con i suoi King Crimson prima e League of Gentlemen poi).
17 composizioni che sfruttano un accorto uso di campionamenti elettronici di base su cui inerpicarsi in tortuosi ricami sonori "come missili ad obiettivo termico che cambiano continuamente direzione cercando di centrare il bersaglio" (come disse lo stesso Eno alla presentazione dell'album).
Melodie apparentemente semplici ma capaci di creare una struttura sonora autonoma e riconoscibile fin dalle prime battute, come tasselli di un unicum assolutamente originale che, pur nelle composizioni con maggior tensione sonora ("Belgian Drop" o "Mc Organ"), dove il ritmo è più sostenuto e straniante, emerge chiaramente un disegno coerente (e per certi versi inquietante) di tessuto sonoro a tratti cupo e decadente ("Black Drop" o "Boom Cubist").
Insomma, qui non c'è "musica per aereoporti" o “musica lunare”, ne tantomeno arie rilassanti e sognanti disincantate. Siamo di fronte a scenari tortuosi e oscuri, atmosfere con venature tetre con poco spazio per la solarità che hanno però il grande merito di deliziarci di nuovi paesaggi insoliti poco rasserenanti si, ma tremendamente irresistibili che fanno di questo disco un'ennesima pietra miliare nella discografia di questo genio contemporaneo che tanto ha dato ma che tanto ancora avrà da darci con le produzioni future.
Un disco “deviante” ma assolutamente imprescindibile, ideale colonna sonora per giornate uggiose novembrine dove nulla sembra andare per il verso giusto e nulla sembra mai risolversi in un verso o nell’altro.

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