Brian May, per tutti il chitarrista dei Queen, l'uomo della Red Special, l'artefice di canzoni come "We Will Rock You" e "Who Wants To Live Forever", all'occorrenza capace di proporsi come cantante con buoni esiti, come in "'39" o "All Dead, All Dead": grandi onori ma anche grandi oneri, che forse non hanno mai permesso al riccioluto guitar hero londinese di proporsi con forza e convinzione come solista: "Back To The Light" il suo primo, vero tentativo di affrancarsi dalla casa madre Queen ebbe una gestazione lunga e travagliata, durata dal 1988 al 1992, venendo così travolto dall'onda lunga causata dalla prematura morte di Freddie Mercury; destino immeritato per un grandissimo album di un musicista a tutto tondo che dimostra, sempre con il suo inconfondibile sound, di essere in grado di reggere la scena anche da solo.
Avvalendosi di collaboratori del calibro di Cozy Powell, Neil Murray, John Deacon e Don Airey il Nostro riesce a dare vita ad un grande album rock: AOR di altissima qualità che mette definitivamente da parte le contaminazioni pop-elettroniche che avevano contraddistinto nel bene e (soprattutto) nel male il suond dei Queen durante gli anni ‘80 e restituisce alla Rossa Speciale il dominio assoluto della scena, originando un'infornata di canzoni al limite della perfezione: Brian May non ha certamente il carisma e le ineguagliabili doti canore di Freddie, ma è un performer completo, che in ogni riff, in ogni piccolo assolo della RS ed anche in ogni interpretazione vocale ci mette il cuore: lo si capisce in canzoni come l'epico arena-rock della titletrack, chiaramente debitrice al sound della Regina, e soprattutto la strabordante "Love Token", piccoli frammenti di pop-rock amalgamati in una coriacea glassa a metà tra l'heavy, con un pizzico di blues à'la Rolling Stones, che trova la sua naturale confluenza nel punto più alto dell'album, l'immensa "Resurrection", spavalda cavalcata che mette in luce il maestoso lavoro di Cozy Powell dietro le pelli e un May che riesce a dare il meglio di sé sia come chitarrista che come cantante.
A questi esempi di epico guitar-sound dai toni heavy-oriented si affiancano episodi più leggeri e radio-friendly, come il singolo di lancio "Driven By You", fresco e godibile pop-rock accostabile come atmosfera ai Queen di "A Kind Of Magic" o "The Miracle", la leggera "Let Your Heart Rule Your Head", grande pop con venature gospel e le ballate come la malinconica ed elegante "Nothin' But Blue", con i fraseggi blues della Red Special a reggere la scena e "Too Much Love Will Kill You", la canzone più nota di "Back To The Light", una power-ballad epica e struggente costruita sulle orchestrazioni, sul pianoforte e sulla chitarra acustica, che grazie all'interpretazione di May assume un pathos meno melodrammatico rispetto alla sua più famosa riedizione contenuta in "Made In Heaven" del 1995, arricchendo così un album che trova il suo definitivo coronamento, il punto di massima realizzazione del suo autore nel lento, avvolgente e dolcissimo assolo di "Last Horizon", appena accompagnato dalla batterie e dalle gentili tastiere di Mike Moran, in cui si rispecchia tutto lo stile, il talento e il gusto melodico di questo artista, entrato nel mondo della musica quasi per caso e diventato uno dei grandi nomi della storia del rock.
Anche se non ha ricevuto neanche una minima parte delle attenzioni che avrebbe meritato, "Back To The Light", appena appesantito da qualche riempitivo ("Just One Life", "I'm Scared") rimane uno strepitoso e quasi perfetto esordio solista per Mr. May, a cui purtroppo mancò il coraggio di insistere con convinzione su questa nuova carriera, che verrà abbandonata dopo il secondo album, l'altalenante "Another World" del 1998 a favore di un decisamente più remunerativo Queen revival, che produrrà certamente soldi a palate per i membri superstiti ma anche agghiaccianti cadute di stile.
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