Non sono certo io a scoprire che quasi sempre, dai tempi di Pinocchio, i libri per ragazzi non sono sempre quello che sembrano.
Questo libro di Brian Selznick non fa a mio avviso eccezione, con l'aggravante che è quasi per intero plasmato con la materia dei sogni, che, come tutti sanno, qualcosa di indecifrabile sempre nascondono.
Il libro di Selznick (davvero splendido nella veste grafica) è scritto nella forma di un sogno ad occhi aperti di Georges Méliès, ovvero di colui che, a quanto dice la storia del Cinema, fu l'inventore del genere fantastico.
Del Méliès del 1931, ormai disilluso e dimenticato, come racconta la sua biografia, e costretto per vivere a gestire un chiosco di giocattoli in una stazione di Parigi.
Vorrei sottolineare, per chi ha letto il libro, che tale interpretazione è confermata dall'immagine dell'orologio sul muro anticipata dall'immagine delle sue lancette nell'occhio del vecchio (dove, se non negli occhi, si vedono i sogni delle persone?).
Nel sogno, Méliès immagina un ragazzino (Hugo Chabret) che ritrova in un museo uno dei suoi automi meccanici, lo rimetta in vita, si appassioni alla sua arte, ed arrivi, vestendo i panni di quello che era l'alter ego di Méliès stesso nei suoi films, ovvero il Prof. Alcofrisbas, a costruire un automa in grado di scrivere un intero libro che racconti e "metta in scena" (come in un film) il suo (di Méliès) stesso sogno.
Alla fine, come in un gioco di magia, si scopre che quel libro "sognato" è proprio il libro che stiamo leggendo (questo mi ricorda tanto gli strani anelli di Douglas Hofdstadter).
Tutto qui (e vi pare poco?)?
Non direi.
Pensateci un attimo.
Il fatto che noi ci troviamo il libro fra le mani significa varie cose:
1) Che il libro è in un certo qual senso opera di Méliès
2) Che per la precisione è stato scritto da uno dei personaggi dei suoi films che ha preso vita nel mondo reale nella forma di uno dei suoi (di Méliès) automi meccanici (ritrovato chissà dove, chissà quando, da qualcuno, probabilmente da Selznick stesso ...).
3) Che potrebbe anche essere che siamo noi, che ci troviamo il libro in mano, ad essere personaggi fittizi nel mondo "sognato" da un illusionista. Il tutto in una ramificazione del tempo, parallela a quella "originale", in cui il mago stesso ci ha portato.
4) In alternativa siamo nel mondo "reale", ma potremmo anche essere noi delle marionette/automi, come colui che ha scritto il libro
Insomma un sogno/incubo panteistico/idealistico/gnostico in fondo non tanto per bambini.
Ma forse, come faceva già Rabelais prima di lui, Méliès/Selznick si è voluto semplicemente prendere gioco di coloro, come me, che nelle opere d'arte ci hanno voluto sempre trovare messaggi esoterici.
Aloha
PS. Onestamente avevo ed ho ancora intenzione di andare a vedere il film di Scorsese al cinema con mia figlia. Ma spero tanto che Scorsese non abbia visto quello che ci ho visto io, o almeno che non ce lo veda mia figlia.
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