Siamo nel 1992.
Pam Berry e Mike Schulman, rispettivamente voce e chitarra, reduci dal progetto Black Tambourine e in seguito alla dipartita dei colleghi Brian Nelson, migrato nei Velocity Girl, e Archie Moore, negli Heartworms, decidono di istituire un prosieguo di detta band, una sorta di evoluzione. Ebbene, molto probabilmente evoluzione non fu. Ma un degno secondo tempo nel quale si iniziano ad accusare i primi acciacchi, questo sì. Quindi reclutano due membri dei Lorelei, entrambi al basso (!), e lo sconosciuto Geordie Mess alla batteria. Partono bene, la formazione è forte, più di quella del Napoli (???), ma durano poco. Durano il singolo in questione e niente più.
Il sette pollici è composto da tre brani che, forti delle calzanti melodie della Berry e delle sonorità tanto sporche quanto affascinanti (su tutte, "Leave You Behind") curate prevalentemente dalla chitarra sgraziata di Schulman - successivamente impegnato nel progetto Powderburns, dove avrà modo di dare maggior sfogo alla sua vena selvaggia -, in men che non si dica catturano l'ascoltatore, trascinandolo in un'atmosfera trasognata, caliginosa e coinvolgente allo stesso tempo.
In buona sostanza, la graziosa vocalità di Pam, grossomodo ingenua - e dunque in netta contrapposizione ai suoni sgangherati sputati fuori dagli amplificatori di Schulman -, ci guida con destrezza attraverso scenari talvolta cupi ("Count the Raindrops"), fatti di diramazioni rumorose e pressoché poco consone al suo linguaggio quasi angelico.
Come se le Ronettes eseguissero scanzonatamente la loro "Be My Baby" nel fango e nel frastuono di distorsioni, feedback chitarristici e riverberi disorientati, anziché applausi e fanatiche urla deliranti.
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