Come data il 1998 fa venire subito in mente il britpop, frangette, Adidas e Beatles revival.
Questo però è vero solo in apparenza.
Sotto questo "sfavillante" mondo si stava facendo avanti un tipo di musica che successivamente verrà etichettata come indie-folk, e che troverà i suoi massimi esponenti nei Neutral Milk Hotel e nei Bright Eyes; proprio del disco d'esordio della band di Conor Oberst parleremo adesso.
La prima cosa che mi viene da dire è che non sentivo un album così profondamente sincero dai tempi del primo ascolto di The Madcap Laugh.
"Letting Off the Happiness" è un album crudo, diretto, un diamante grezzo appena sbozzato dall'aiuto di alcuni musicisti che gravitano attorno ad un nucleo, Conor Oberst.
Quest'album è un'istantanea del talento di un ragazzino venuto dal Nebraska.
"Letting Off the Happiness" può essere descritto come un disco folk contaminato, in cui gli opposti si alternano in una disperata lotta, chitarre acustiche e chitarre al limite dell'urticante, tenui note di tastiera contro puro rumorismo, sfacciata ironia contro cupa disperazione.
Da questa perenne lotta esce vincitrice la voce del sig. Oberst, capace di interpretare ogni singola emozione umana, sia che canti un brano punk-folk come "The City Has Sex" , sia un brano dal sapore campestre come "June on the West Coast".
In definitiva l'esordio dei Bright Eyes è un album profondamente imperfetto, acerbo come direbbero i benpensanti, ma proprio per questo risulta sorprendente, come quelle opere che riescono a cristallizzare l'intellegibile in un attimo mai più ripetibile.
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