In uscita ufficiale soltanto il 15 Febbraio, ma disponibile su Internet già da diversi giorni, "The People's Key" si presenta come l'ottava e probabilmente ultima fatica in studio dei Bright Eyes, uno splendido canto del cigno che prosegue (a livello di testi) il percorso più intimo, spirituale e mistico intrapreso nel 2007 da Oberst con "Cassadaga" e proseguito con la Mystic Valley Band.

Ci troviamo di fronte un album che, musicalmente ricordando molto da vicino "Digital Ash In A Digital Urn", abbandona quasi del tutto le radici Folk del gruppo, per donare appunto una patina più "elettronica" alle canzoni, che rimangono comunque, come al solito, di struttura semplice ma di esecuzione elaborata. Avvalendosi di numerosi collaborazioni esterne (come quella di Andy LeMaster dei Now It's Overhead), il trio Oberst-Mogis-Walcott ci guida attraverso 40 minuti in un ipnotico e affascinante affresco di suoni inaspettati e per nulla scontati, regalandoci perle come "Shell Games", "Haile Selassie" e la commovente "Ladder Song".

Smessi una volta per tutte i vecchi panni del cantautore impegnato, Oberst (reduce da un percorso musicale a tratti molto simile a quello di Dylan) si mostra per quello che è realmente: un indomabile artista, il menestrello del ventunesimo secolo.

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