Chi è Roger Karmanik? Roger Karmanik è il fondatore della nota etichetta svedese Cold Meat Industry, nonché uno che dell'industrial, più che una ragione di vita, ne ha fatto una vera e propria missione. Produzione, distribuzione e diffusione del Verbo, quindi, ma anche esposizione in prima linea con il suo progetto Brighter Death Now: un assalto sonoro senza compromessi che meriterà l'appellativo di death industrial.
Fondati nel 1989, i Brighter Death Now saltano alla ribalta per la memorabile trilogia “Great Death”. Fra i capisaldi della loro discografia, citerei “The Slaughterhouse” (1993) e questo “Innerwar”, del 1996, di cui avrei il piacere di parlarvi oggi.
Esplicito fin dal titolo, l'album in questione rappresenta il progetto nella sua piena maturità. Karmanik non è solo un acuto talent scout ed un abile produttore: con i suoi Brighter Death Now dimostra competenze tecniche elevate ed una sopraffina sensibilità industriale, mostrandosi in grado di modellare a suo piacimento una materia sonora irrimediabilmente ostica e difficilmente gestibile. Continuamente sull'orlo degli impervi territori della non-musica, l'assalto all'arma bianca dei Brighter Death Now procede comunque in maniera ragionata e razionale, e forse è proprio questo il più grande limite del musicista svedese, fautore di una musica che scaturisce più dalla passione per il genere e dalla conoscenza viscerale dei meccanismi che lo animano, piuttosto che da una reale esigenza artistica. Suoni incredibilmente equalizzati ed un raffinato lavoro di produzione rendono il lavoro distante dagli informi impasti sonori che vengono spesso serviti in ambito noise e power-electronics, rendendo l'ascolto incredibilmente intellegibile.
Beninteso, non si parla certo di musica per signorine: si parla pur sempre di industrial/noise nella sua forma più aberrante, di death industrial per l'esattezza. Ma che s'intende per death industrial? Ascoltate i mostruosi growl distorti in “No Pain”, “Little Baby” o la conclusiva “War”; scorrete l'abominevole galleria di foto del libretto ritraente morti trucidati, intestini scoperti su letti di obitorio, cadaveri bruciati, perfino la struggente immagine di una baby prostituta che giace a gambe larghe su un fetido lettuccio, e capirete. Attrazione per l'orrido, culto della Morte, psicosi, sadismo: ovviamente l'apparato concettuale che sta alla base della proposta di Karmanik va di pari passo a quanto estrinsecato sul piano uditivo, un pulsare martellante di frequenze disturbate, autentiche carneficine in loop, catastrofi noise, collassi sonici, fracassanti note di un basso ultra-distorto. A rischiarare l'impervio cammino, troviamo solamente i monologhi/dialoghi campionati, voci (pulite e sporche) che percorrono nella loro interezza i colpi perfettamente calcolati di un industrial assassino ed efferato che procede sicuro, senza remore di ordine etico o morale, che ignora cosa sia la paura innanzi a qualsiasi ostacolo. L'elemento ritmico, mai esplicitato sotto forma di canoniche percussioni, è sempre presente: un pulsare cacofonico belligerante o funereo a seconda dei casi, debordante nelle fasi più terremotanti, solenne nella stasi catacombale dei momenti più ambientali.
Fra i solchi di questo morboso Industrial della Morte, sono rinvenibili tracce degli artisti di punta della Cold Meat Industry (MZ412, Deutsch Nepal, Raison D'Etre, Coph Nia, Atrium Carceri ecc.) come se il Nostro avesse saputo imprimere la propria impronta sui lavori via via prodotti e distribuiti; oppure, di contro, come se si fosse lasciato influenzare dai continui stimoli che il suo lavoro gli presenta quotidianamente. E' ovvio, tuttavia, che il progetto Brighter Death Now ha un suo perché, una sua fosca e perversa identità, un qualcosa che in qualche modo riesce a riassumere tutte le nefandezze prodotte in due decenni dalla Cold Meat Industry, ma che sa anche andare oltre. Sarà la tensione perenne che questa musica porta con sé, il terrore palpabile in quanto la minaccia descritta è reale, fisica, concreta; le esplosioni noise che crescono per poi stemperarsi in truci pozzanghere ambient: un dark-ambient che non ha i crismi sacrali/sovrannaturali/esoterici che spesso il genere richiede; piuttosto un cinico dark-ambient da sala operatoria, preludio all'obitorio, preludio all'Inferno. I bip di macchinari ospedalieri che annunciano la morte imminente, gli echi lontani della voce del chirurgo che si confronta mestamente con il suo assistente, o più semplicemente la sega elettrica del pazzo sanguinario che ti smembra con la perizia di un macellaio svizzero: “Innerwar” è una lucida collezione di atrocità sonore che ci vengono presentate, portata dopo portata, come in un perverso banchetto a base di ossa segate ed interiora maciullate.
Un prodotto che indulge forse in qualche formalismo di troppo, ma confezionato professionalmente da un musicista che innegabilmente conosce il suo mestiere.
In ogni caso, un piatto per stomaci duri: benvenuti al Karmanik Kabaret!
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