I Brodequin fanno parte di quella schiera di gruppi che sono parte delle fondamenta del genere Slam/Brutal Death Metal insieme ai mai troppo lodati Devourment e ai Disgorge (USA). I loro primi tre album “Instruments Of Torture” (2000), “Festival Of Death” (2001) e Methods Of Execution” (2004) hanno fatto scuola nell’ambiente del metal estremo e dopo lo scioglimento del 2008 ecco tornare la reunion e ora a vent’anni dal loro ultimo parto discografico riappaiono finalmente con questo “Harbinger Of Woe”.
James Bailey (Voce e Basso), Mike Bailey (Chitarre) e il nuovo batterista Henning Paulsen tornano a parlare con i testi delle loro canzoni (scritti dal frontman) di smembramenti ottocenteschi, macchine delle torture, scenari guerreschi, roghi, omicidi e sevizie varie e multiformi e lo fanno nella maniera più oltranzista possibile. Sbattendoci in faccia 10 tracce di ultra brutal death metal stracolmo di blast beat, chitarre a motosega e soprattutto si erge su tutto il comparto musicale il vocione gutturale e catramoso di James Bailey sempre puntuale e che non fa fatica a destabilizzare l’ascoltatore con quei gorgheggi che ti fanno male allo stomaco come pugni alla pancia e calci nei testicoli.
Si parte col trittico “Diabolical Edict”, “Fall Of The Leaf” e “Theresiana” e tutto comincia a farsi pestilenziale e opprimente con blast beat portati senza colpo ferire, con ripartenze slam e la voce urticante e cavernosa di Bayley che polverizza le sue corde vocali e insegna ai novellini del genere come si fa a produrre un tale muro sonoro portando a segno ogni colpo e non perdendo una oncia di potenza e cattiveria. “Of Pillars And Trees” e “Tenaillement” sono in pieno stile Brodequin, quelli di “Instruments Of Torture” per intenderci. I riff sono macigni che rotolano velocemente e si infrangono contro le urla belluine del cantante e i blast beat del batterista, tempi forsennati anche in “Maleficium” e “VII Nails”. Le canzoni direte voi si assomiglano un po' troppo? Fotte un paio di palle, qui il massacro sonoro è a livelli altissimi l’unica pecca è che questo album dura solo 32 minuti!
Si termina questo viaggio dannato e miserabile con le ultime tre perle: “Vedrens Dag”, “Suffocation In Ash” e la title-track finale. La produzione è finalmente all’altezza rispetto ai tre album precedenti, cristallina e potente, un gran lavoro davvero questo “Harbinger Of Woe”. Per chi ama l’ultra brutal death metal e lo slam un ritorno di una band coi fiocchi che ha dato i natali al genere succitato e che non può mancare nella discografia di ogni appassionato del Death Metal più marcio, intransigente ed eccessivo.
Bentornati a casa, Brodequin.
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