Si sono presi il giusto tempo i Brothers In Law prima di tornare a far udire forte la loro voce. Tre anni infatti sono un lasso di tempo notevole dal punto di vista musicale.

“Raise” che vede continuare la collaborazione discografica con la We Were Never Being Boing marca un’evoluzione del suono della band, segnando il passaggio da un inverno sintetico monocromatico ad una notte di primavera fresca e ariosa. Il suono si fa più corposo, pieno, anche grazie all’aggiunta di un nuovo elemento (il bassista Lorenzo Musto) e le chitarre nell’economia generale acquistano un peso specifico maggiore.

Un percorso quello dei pesaresi, che può ricordare quello intrapreso dai concittadini Be Forest (il cui chitarrista Nicola Lampredi è membro di entrambe le formazioni) nel passaggio da un disco cupo come l’esordio all’ultimo “Earthbeat” che si culla in territori maggiormente onirici ed incantati.

“Raise” può essere visto come un blocco unico di canzoni che creano tra di loro un unico momento musicale, la cui porta d’ingresso in questo magico mondo è costituita dall’incantevole “Oh, Sweet Song” che dopo un inizio delicato vola alto altissimo nel cielo con una spinta che la porta fuori dall’orbita terrestre. La summa del progetto è qui.
“All the Weight” scorre via come il vento in maniera briosa, mentre “Middle of Nowhere” sorprende per un arrangiamento quanto meno bizzarro e barocco.

Proseguendo con l’ascolto si avverte una maggiore ricchezza di dettagli e una buona varietà con cambiamenti repentini anche all’interno della stessa traccia e qui penso a “Through the Mirror” o “Life Burns” episodi azzeccati che fanno il paio con la lenta strumentale “Compose (Leaves I)”.

Un viaggio in solitudine al buio nei meandri dei propri pensieri che termina dopo circa 32 minuti con “Tear Apart (Leaves II)” che ci fa scendere dalla giostra, promettendoci al contempo altri giri alla scoperta di un’altra dimensione.

Carico i commenti...  con calma