Bruce Cockburn è uno straordinario songwriter che amo da sempre.

Chitarrista prodigioso (basterebbe ascoltare la raccolta dei suoi strumentali "Speechless" per rendersene conto), cantante pacato e modesto ma adeguato al suo stile, una musica intimista e spirituale che riesce a toccare le corde più profonde dell'animo e regala emozioni pure, intense e difficilmente descrivibili a parole.

Le sue armonie, mai banali, evocano immagini bucoliche di foreste, tramonti, laghi, paesaggi innevati (un po' le sensazioni ispirate dall'ascolto della new age, solo che Bruce ha cominciato quasi quarant'anni fa!), mentre le sue liriche, pur tendenti ad un certa visuale individualista, raccontano anche il mondo sociale con le sue problematiche, sfociando a volte nella denuncia politica. Ho avuto la fortuna di vederlo in concerto alla fine degli anni '70. Mentre ero in fila per il biglietto, intravedo un amico che aveva assistito al check sound e che con uno sguardo stralunato mi dice: "Su quel palco c'è Dio che è sceso in terra e si è portato la chitarra...". Una allegoria forse smodata ma che condivido pienamente e che esprime tutto il carisma e l'entità del personaggio. E dopo questo lungo encomio passo al disco in questione.

Ho scelto "Circles in the stream" per due motivi: primo perché è stata la sua prima opera che ho ascoltato ed è quindi quella che che ha scatenato in me il classico "colpo di fulmine", poi perché questo 'live' registrato a Toronto nel 1977 è una felice sintesi della prima parte della sua carriera, il cosidetto 'periodo acustico' (a mio parere il migliore) che va dal 1970 al 1976 e che consiste nella pubblicazione di sette splendidi album, uno più bello dell'altro, da cui è stato tratto il materiale per questa antologia, con l'aggiunta di cinque inediti. Il breve prologo "The pipes the pipes" condotto da una cornamusa, introduce "Starwheel", bellissima ballata evocativa dalle rimembranze neilyounghiane, seguita dalla poesia rarefatta e meditativa di "Never so free"; si prosegue con "Deer dancing round a broken mirror", un brano strumentale per chitarra suonato in accordatura aperta, in cui il canadese sfoggia tutta il suo esemplare finger picking; è la volta di "Homme brûlant", una sognante chanson cantata in lingua francese, avvalorata da raffinati contrappunti jazz ad opera dei brillanti musicisti che lo accompagnano; segue "Free to be", un brioso episodio intinto nel country che fa da apripista a uno dei due capolavori del disco: "Mamma just wants to barrelhouse all night long", stupendo e memorabile blues per voce e chitarra, pregno di una intensa musicalità (è assurdo che un brano così bello non sia mai stato coverizzato); morbido e sinuoso parte il secondo strumentale per chitarra: "Cader idris", tecnicamente impeccabile ma magari un po' noioso; dopo la tenera "Arrows of light", si ritorna al country festoso e allo stesso tempo melanconico di "One day I walk" per arrivare a "Love song", caratterizzata da una tenue atmosfera celtica; con la suadente "Red brother red sister", Bruce omaggia i nativi pellerossa del Canada; si continua con "Lord of the starfields", una profonda e appassionata ballata mistica (apprezzata anche dal vescovo inglese Nick Baines che ha incensato il connubio tra rock e fede religiosa); il break riflessivo di "All the diamonds in the world" conduce al secondo capolavoro in formula voice & guitar: "Dialogue with the devil", un sofferto blues crepuscolare che a tratti svela un'ispirazione davidcrosbyana e che contiene un strepitoso assolo reso più incisivo dall'effetto flanger applicato alla sua sei corde acustica; l'esultante "Joy will find a way" e il commiato "God, bless the children" concludono il concerto, indubbiamente molto apprezzato dal pubblico.

Cockburn dopo questo lavoro, ha inciso altri tre album eccellenti, poi ha cominciato a cambiare gradualmente direzione musicale adottando scelte che non hanno incontrato molto i miei gusti e quindi l'ho un po' perso di vista (anzi di orecchio). Consiglio caldamente a tutti l'ascolto dei suoi primi undici dischi (è altamente raccomandato l'utilizzo delle cuffie per cogliere tutte le sfumature della sua musica).

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