Finalmente ho sotto mano la biografia di Bruce.
Ho passato l'adolescenza ad ammirarlo. Conosco tutto di lui. Ogni sua mossa, ogni suo sguardo. In cortile lo imitavamo tutti con le sue pose che hanno fatto storia. Ogni volta che avevamo la possibilità di vederlo, andavamo. Ricordo benissimo la Furia di Chen dove combatteva contro tutti e vinceva sempre. Il mito di Bruce Lee vive ancora tra noi.
Quando arrivo a pagina 100 sento parlare degli Iron Maiden. Capisco che forse non è il Bruce che intendevo.
È Bruce Dickinson.
Porcozzio ricomincio la lettura da capo perché non avevo capito niente. Mi sembrava un po' strano che amasse la birra e che alla prima sbornia avesse vomitato sui piedi di Ian Gillan.
Scusate. Mi ripettino.

Bruce, l'inglese dai capelli lunghi, ha una biografia piuttosto povera.
Adolescenza tutt'altro che interessante.
Tutta la parte relativa alla scherma, inutile per il lettore.
La sua passione per il volo e pagine e pagine dei suoi studi, tempo perso.
La parte migliore, forse, il passaggio dai Samson agli Iron Maiden.
Una cinquantina di pagine si salvano da questo mattone.
Soprattutto manca il sentimento.
Mai si parla dell'odio per Steve Harris.
Nulla sull'ammirazione per Adrian Smith.
Niente sull'amore della scrittura.
Men che meno due parole sul rapporto che si instaura dentro una Band, la famiglia più atipica con equilibri precari.
Solo scherma e aerei.
Qui c'è qualcosa di sbagliato.
Come l'incipit.
Come l'acquisto.
Come questa pessima recensione.

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