Siamo nel 1998, e ormai Bruce Dickinson sta contrattando il ritorno negli Iron Maiden, band dalla quale si era separato per intraprendere una carriera solistica che poi non ha avuto tutti i riconoscimenti (soprattutto da parte del pubblico) che si sperava potesse ottenere.

Bruce ha inciso, un anno prima, "Accident Of Birth", buon disco di heavy metal classico, un po' di stampo Maiden, che ha fatto lievitare le sue quotazioni dopo i deludenti "Balls To Picasso" e "Skunworks". Eppure Bruce trova la voglia e la forza, proprio mentre si sta per concretizzare il suo ritorno alla Vergine Di Ferro, di scrivere ed incidere un nuovo album, che risulterà, come da lui spesso ammesso, il suo preferito. La line-up è quella collaudata e vincente con cui Bruce ha inciso il precedente "Accident Of Birth", e questa è la prima scelta azzeccatissima; la seconda è di orientarsi su un sound molto duro, ancora di più di quello dell'ultimo disco.

Il disco è una sorta di concept album il cui argomento è la vita del pittore inglese William Blake; i testi oscuri, cupi ed avvolgenti rispecchiano a meraviglia il modo di vivere e di dipingere di Blake; una sua pittura funge da copertina all'album. Musicalmente parlando il disco riprende esattamente dove “Accident...” aveva lasciato; pronti, via e si sentono alcuni colpi alla batteria ed entrano subito le potenti chitarre di Roy Z e di Adrian Smith, e così comincia “King in Crimson”, potente e molto dura anche nelle liriche. La canzone si snoda su una coppia di assoli perfetta e ha un ritornello di grande presa sul pubblico nei live. La seconda traccia è “The Chemical Wedding”, bellissima nel ritornello, uno di quei motivi che ti restano dentro, drammatica, lenta ed epica, che affascina e subito si presta come importante prsenza nei concerti. “The Tower” è più veloce e con questa canzone si capisce lo stato di grazia di Bruce; se le prime canzoni potevano far pensare che Bruce era in forma discreta, con questa si ha la sicurezza che Bruce è in OTTIMA forma. La canzone comincia con due chitarre che suonano serpentine e poi arriva la voce di Bruce ad innalzare il ritmo ed il tono.

Killing Floor”, da cui è stato tratto un video a quasi demenziale, con Bruce e Adrian che si divertono a fare camerieri in un ristorante dove Satana in persona va a seminare disordine, è più torva, ed è il singolo tratto dal disco; infatti è leggermente più commmerciale delle altre, ma ciò non intacca minimamente il valore di questo pezzo rabbioso. “Book Of Thel” è una grandiosa cavalcata che a tratti ricorda “Darkside Of Aquarius”, complessa, avvolgente, dark, teneborsa, l'epicentro di tutto il disco, un brano da ricordare. “Gates Of Urizen” è invece una sofferta semi-ballad, la cui strofa è dolce, morbida, sia nel suono che nella voce di Bruce che poi diventa forte e rabbiosa nel ritornello, che lascia forse un attimo insoddisfatti per la sua ripetitività, ma resta una buon brano con un'ottima presa sul pubblico nei live. “Jerusalem” è una bellissima canzone con sonorità molto medievali, che parte anch'essa piano e poi si eleva, ma è di uno spessore nettamente superiore alla traccia precedente. L'assolo è magnifico e alla fine c'è la voce di Arthur Brown, uno degli idoli di gioventù di Bruce, che con voce profonda declama dei versi. Con "Trumpets Of Jericho" si toccano sonorità molto più dure, quasi thrash, ma è un gran bel pezzo, veloce e con un ritornello, veniato di un qual certo sarcasmo (“at the trumpets of Jericho, still the walls remain”), in cui Bruce dà il meglio di sè, con due assoli vertiginosi e con una struttura perfetta.

Machine Man” è violenta anch'essa, forse resta leggermente meno impressa nell'ascoltatore, ma è un brano di ottima fattura che ricorda un po' gli Irons, mentre la finale “The Alchemist” conclude in grande il disco: parte lenta, soffusa, poi viene il ritornello bellissimo e infine, dopo due altri bellissimi assoli, viene il colpo da maestro, il maggiore di tutto il disco: sulla melodia dolce iniziale, viene cantato dolcemente, quasi sussurrando, il coro di “Chemical Wedding”: “and so we lay, we lay in the same grave, a chemical wedding day” e si chiude così il più bel disco di Bruce.

Da avere assuolutamente per un qualsiasi metal-fan che si rispetti.

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