Il 2014 è appena iniziato e ho già tra le mani il miglior album rock dell’anno. Chiaramente questa è una considerazione denigratoria nei confronti degli album che dovranno ancora uscire. Ma sono più che sicuro che per pubblicarne uno migliore occorra un miracolo. Non che “High hopes” sia un capolavoro, ma se lo paragoniamo alla musica che circola in radio allora sì, è un capolavoro.
Il 14 gennaio esce il 17esimo album di inediti di Bruce Springsteen “High Hopes” a poco meno di due anni di distanza dal bellissimo “Wrecking Ball”. Dal 2012 l’artista del New Jersey continua a girare America ed Europa in tour quindi questo album sembra più un pretesto per continuare il tour e riempire stadi e palazzetti di tutto il mondo. Questo nuovo album ha fatto storcere il naso a molti fan fin dall’inizio poiché risulta essere il più insolito nella carriera di Bruce. Il motivo è che l’album è composto da 3 cover, altri 3 brani già noti e canzoni messe nel cassetto negli ultimi 10 anni. Però a sorpresa, questo si rivela essere un gran bel album di puro rock. Partiamo dalle cover: “High Hopes” apre le danze. Canzone già suonata nel 1995 durante le sessioni del “Greatest Hits”. Questa versione risulta meno grezza grazie alla sezione fiati e alla chitarra forte e decisa di Tom Morello. Quest’ultimo è la vera musa ispiratrice del disco. Il chitarrista e frontman dei Rage Against The Machine aveva già suonato in due canzoni di “Wrecking Ball” e seguito il boss in varie tappe del tour. Ora lo troviamo in ben 8 canzoni.
La seconda cover è “Just Like Fire Would” e si presenta come la canzone più radiofonica dell’album. È stata una grande idea rispolverare un vecchio successo del gruppo australiano The saints e renderla una ballata rock in puro stile E street band. La sezione fiati e la chitarra di Morello dànno il giusto sprint alla canzone che dà all’album un tocco di freschezza. La terza cover, che chiude l’album, è “Dream Baby Dream” dei Suicide. Con questa canzone Bruce era solito chiudere il “Devils And Dust Tour” nel 2005, da solo all’organo. Prima dell’uscita dell’album fece il giro della rete un video sulle note della canzone in cui si vedevano immagini tratte dai concerti e i volti delle migliaia e migliaia di persone che da anni lo seguono. Senza quelle immagini la canzone perde di pathos. Rimane comunque una chiusura piuttosto degna anche se forse è il punto più debole dell’album.
Veniamo ora alle canzone già note. “American Skin (41 Shots) risale al 2000, anno del reunion tour con la E Street band. La canzone narra di un triste episodio in cui la polizia sparò 41 colpi, 19 dei quali andati a segno, ad un afro americano innocente. Ottima idea quella di pubblicarla su un album e darle una versione studio degna della bellezza della canzone. Ottimo l’assolo di chitarra di Morello che va a mischiarsi col sax del compianto Big Man. Le altre due canzoni già note sono “The Ghost of Tom Joad” e “The Wall”. La prima è la più famosa poiché diede addirittura il titolo all’album omonimo del 1995. Ora la troviamo in una versione completamente stravolta. Acustica e sussurrata era la versione originale, dura e arrabbiata è questa versione. Tom Morello duetta con Bruce in un paio di strofe ed esegue alla fine della canzone un assolo di chitarra che dà quasi un sapore progressive al brano. La seconda canzone invece è stata scritta insieme all’amico Joe Grushecky ed era già stata eseguita 5 volte dal vivo in versione acustica. La canzone è la più toccante dell’album, e abbiamo il piacere di sentire Danny Federici alla tastiera, scomparso nel 2008. la canzone narra della morte di un soldato. Il testo non presenta alcuna retorica e appare molto toccante e sentito.
E ora le canzoni inedite. “Harry’s Place” risale alle registrazioni di “The Rising” del 2002. Non ha niente a che fare con “Mary’s Place” né a livello musicale né lirico. La E street band c’è ma non si sente del tutto. Nonostante questo la canzone incalza subito sin dall’inizio. Con quell’impasto tra basso e sintetizzatore e il sax di Big man che si mescola alla chitarra di Morello. La produzione di Brendan O’Brien si sente tutta. “Down in the hole” è un’altra outtake di “The rising” fu scartata probabilmente perché troppo simile a “Nothing man” anche se questa è molto meno toccante. Servono diversi ascolti per apprezzarla pienamente. “Heaven’s Wall” è il trionfo dell’outtake. Paladina dello scarto. Un inno al riempitivo. Basti pensare che si tratta di una outtake di “Working on a Dream”. Questo dovrebbe dire tutto. È una canzone pensata apposta per essere piazzata a metà concerto con quel “Raise Your Hands” ripetuto all’infinito per stimolare il pubblico. La canzone tuttavia risulta divertente ed orecchiabile, anche se manca quel modo di cantare scanzonato che ha fatto di “Waitin’OnA Sunny Day” un punto forte dei concerti e che così avrebbe potuto ripetersi.
“Frankie Fell In Love” sembra restituirci un Bruce di trent’anni prima. Qui all’improvviso il nostro sembra essere tornato giovane cantando l’amore e la giovinezza arricchita da un’improbabile conversazione tra Einstein e Shakespeare. Sembra di ascoltare un’outtake del periodo tra “The river” e “Born in the Usa”. Ottimo pezzo. “This Is Your Sword” spiazza per il suo sapore celtico. In linea con alcuni pezzi di “Wrecking Ball”. Anche questa si presenta come un riempitivo, e probabilmente il testo è stato scritto in poche ore. Tuttavia risulta estremamente piacevole. “Hunter of Invisible Game” è, anche a detta del produttore Ron Aniello, una delle canzoni più grandiose scritta da Bruce negli ultimi anni. Una splendida ballata acustica con un testo mistico. Fondamentale la presenza del violino e della chitarra di Morello. Alla fine dell’ascolto l’album stupisce per il fatto di essere continuo nella sua discontinuità. Date le cover e le rivisitazioni il rischio che venisse fuori un pasticcio era alto. Invece anche questa volta il boss ha saputo regalarci un album, che di certo non entrerà nella storia, ma sarà destinato sicuramente ad essere il miglior album rock del 2014. Ho ancora diversi mesi davanti per essere smentito. Ma ne dubito fortemente.
Buon ascolto.
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