È ancora oggi frequentemente dibattuto se l'arte abbia la stessa importanza storica della politica e dell'economia. C'è poi un ulteriore dibattito tra chi all'interno dell'enorme "agglomerato" arte sostenga di dover necessariamente collocare su diversi livelli di importanza la pittura, la scultura, la musica o la letteratura. E' inoltre consueto e più che mai attuale oggetto di polemica l'attribuzione di un diverso valore alla cosiddetta musica "impegnata" ed a quella "popolare". Se dovessimo allora obbligatoriamente etichettare un disco "inscaffalandolo" nel suo settore di appartenenza ci troveremmo a prendere in mano "The Rising" o qualunque altro album di Springsteen e ad inserirlo nel ripiano della musica pop. Dal momento che pop altro non significa che popolare. E un lavoro che viene definito dalla critica come popolare è inevitabilmente destinato ad assumere una rilevanza secondaria nella grande sfera dell'arte musicale.

Per capire dove voglia condurre la mia analisi è necessario innanzitutto attribuire a questo disco la sua dimensione spazio-temporale: Stati Uniti, luglio 2002. Ovvero pochi mesi dopo l'attacco terroristico dell'11 settembre. Ed è più che mai importante rendersi conto del ruolo e dell'influenza mediatica che assumono in America Springsteen e le sue uscite discografiche: dello Springsteen cantante che rimane (assieme agli U2) l'unico performer in grado di rendere sold-out ogni sua apparizione. Dello Springsteen comunicatore in grado di influenzare come non sarebbe immaginabile qui in Italia le intenzioni di voto degli elettori. Dello Springsteen celebratore ed al contempo disilluso portabandiera del sogno americano. Da qui si evincono le ragioni per cui l'importanza di questo lavoro non è rappresentata solo dalla storica riunione della E-Street Band, ma soprattutto dall'interesse nel conoscere il punto di vista del Boss riguardo gli eventi occorsi di recente alla sua America.

E il disco è dalle primissime note di "Lonesome Day" un incitamento a rialzare la testa, ad assumersi le proprie responsabilità (l'orientamento politico del Boss è risaputo) e ricominciare la ricostruzione prima di tutto morale del proprio Paese. Disco pervaso dall'ottimismo verso il futuro ("The Rising", "Waitin' On A Sunny Day"), da storie d'amore in un'America colpita a sangue freddo ("Into The Fire", "Paradise"), e che ci offre una particolarissima sorpresa: in "Worlds Apart" per la prima volta nella sua lunghissima carriera Bruce porta le sonorità della propria band fuori dai confini occidentali sconfinando in sobrie, eccitanti, agghiaccianti atmosfere islamiche. E non è una scelta casuale.

Questo disco non contiene canzoni di riempimento.
Questo disco porta con sé nel libretto anche le traduzioni in italiano perchè chiunque possa cogliere ogni angolatura del pensiero dell'autore.
Questo disco riporta alla luce ogni singolo componente della band nella sua più alta espressività artistica dai tempi di "Darkness On The Edge Of Town".
Questo disco fa cantare, piangere, ballare, incazzare. Fa comunque riflettere, dal momento che Springsteen prende spunto dall'attualità, dalla politica, dalla società civile e riversa il tutto nella musica e nelle parole, cioè nell'arte di cui lui è espressione.

Ecco quindi un caso in cui l'arte dà risposte alla società ed in questo modo la influenza. E questo da tanti anni a questa parte non accade quasi mai.

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