È il 1976.
Guido una Cadillac, ho degli enormi occhiali da sole in volto, indosso un completo e una camicia dai motivi improbabili.
Dall'autoradio a stento riesco a sentire gli Eagles, soffocati dal vento e dal rombo del motore.
Le strade di Los Angeles al tramonto esplodono di colori fiammeggianti, mentre le prime stelle si stagliano su un cielo indaco e le ombre delle palme scandiscono l'incedere spedito del veicolo sulla strada.
Finalmente vedo in lontananza il profilo dell'Hollywood Palladium, il motivo a scacchi della facciata dell'edificio illuminato dai primi lampioni.
Una volta parcheggiato e raggiunta l'insegna del portone, prima di entrare a vedere il concerto mi soffermo sul nome che troneggia sfavillante su di me a caratteri cubitali: Silk Sonic.
Ahimè, perdo la concentrazione e ritorno nel 2021.
Nell'ennesimo anno dominato dal cicaleccio dei social e dalle notizie su una certa pandemia mondiale, l'ambizioso progetto musicale che vede allearsi la superstar Bruno Mars e l'istrionico Anderson .Paak si prefigge proprio un unico obiettivo: riportarci negli anni Settanta musicalmente, esteticamente e "spiritualmente", lontano dal caos e dalle preoccupazioni contemporanee.
L'impressione iniziale di trovarmi davanti alla solita operazione di revival spiccio tuttavia crolla come un castello di carte davanti alle monolitiche nove tracce del disco: Bruno & Andy confezionano dei behemoth sonori densi negli arrangiamenti ma vellutati nell'esecuzione, che portano la tradizione del "Philly's sound" e della Motown nell'epoca delle moderne tecniche di produzione musicale, unendo i propri talenti più unici che rari in una collaborazione all'insegna del divertimento e del miglioramento personale e reciproco.
Ed è proprio nell'alchimia tra il ragazzo dall'ugola d'oro e il rapper/batterista bifronte la chiave del successo di brani come la super hit "Leave the Door Open" (oltre 400 milioni di visualizzazioni a distanza di mesi dalla sua uscita su YouTube) che spinge i due a rivaleggiare amichevolmente ai limiti delle proprie (già smisurate) capacità: il primo levandosi un po' di patina pop e attingendo dal grezzume hip-hop di .Paak nelle cafonissime "777" e "Fly as Me", a tratti reminescenti della penna funk di Sly e della sua pietrosa famigliola; il secondo cimentandosi in performance canore per lui alquanto inedite, graffianti ed impegnative come la sentitissima "Put on a Smile", ballad degna del miglior Bobby Womack d'annata.
Un foltissimo ensemble di strumenti musicali accompagna il duo, come non se ne sentivano da anni in una produzione R'n'B di questo tipo: ne sono un ottimo esempio gli archi di Gaynoriana memoria che ornano l'allegra "Skate It", così come i fiati, i sofisticati accordi di chitarra ("che succede?", canterebbe qualcuno… no, non Marco Castoldi!) e una super prova alla batteria che accompagnano l'ironia pungente di "Smokin Out the Window".
Ciliegina sulla torta di seta sonica la comparsa di ospiti di eccellenza, ovvero il fenomenale Thundercat al basso nella sensualissima "After Last Night" e nientepopodimeno che il leggendario Bootsy Collins, dall'iconica parlata sognante e sorniona con cui apre l'album per poi calarsi nel ruolo di cicerone attraverso svariati intermezzi dell'album, salutando infine i due colleghi e gli ascoltatori nella mozzafiato sequenza finale della modulante "Blast Off".
Soul/funk/R'n'B d'annata ma con un tocco moderno, suonato con una "pacca" sensazionale, non particolarmente consigliato a chi detesta operazioni nostalgia di questo tipo… certamente apprezzato dal sottoscritto, a cui piace immaginare di saltare nuovamente a bordo della Cadillac dopo il concerto e viaggiare nella notte verso mete indefinite, nel tentativo di togliermi queste canzoni maledettamente orecchiabili dalla testa.
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