Terzo disco sulla lunga distanza per la band di New York; e terza deflagrazione atomica.

Hanno lasciato la storica label "Earache" e si sono accasati dalle parti della "Relapse"; non cambiano di una virgola il sound fatto di Grindcore, Death Metal, Hardcore, Noise. Con in più una produzione virile che mette in risalto tutti gli elementi del loro massacro.

Copertina abominevole; retro copertina che sconvolge: le torri gemelle della grande mela inquadrate in un mirino di un aereo da guerra pronto a far fuoco contro di loro. Siamo nel Settembre del 1997; mancano ancora quattro anni ai tragici attentati che tutti conosciamo.

Bastano i 10 (dieci) secondi del brano "Callous" per definire i connotati di un lavoro che frantuma i timpani: lo screaming dannoso di Kevin, il basso lancinante di Dan, la chitarra dilaniata di Brent, la batteria non umana di RIch. Una sassata Hardcore suonata con una frenesia che mette viva (o mortale) angoscia.

La metà dei ventidue brani del disco non raggiunge i due minuti di durata: non hanno bisogno di molto tempo per infliggere dolore nell'ascolto. Perchè ascoltare simili lavori è davvero un qualcosa di doloroso; ma che ha un effetto liberatorio per me che adoro questi sanguinosi suoni.

In alcuni passaggi rallentano l'andatura, entrando in territori Hard-Sludge famelici; ecco allora serviti gli oltre sette minuti della imponente e soffocante "Blue World". Concludono il tutto con i ventidue minuti di "Prey" (che è il ventiduesimo brano dell'album): il titolo della canzone viene urlato centinaia di volte con una cadenza di quattro secondi sulla stessa base musicale ripetuta all'infinito: lo fanno per creare ulteriore danno, ulteriore malessere per chi ha il coraggio di avvicinarsi ai Brutal Truth.

Il loro disco che prediligo, ma non ne sono poi così sicuro.

“Still not loud enough, still not fast enough”...DEMENTIA...

Ad Maiora.

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