Il rocker canadese, non pago della pubblicazione del fortunato album "MTV unplugged" nel 1997 quale diversificazione del suo repertorio in direzione intimista, ci ha riprovato nel 2010 con una scelta ancor più radicale per questo "Bare Bones", programmatico sin dal suo titolo "Nude ossa": un'intera tournée intercontinentale effettuata in coppia con un pianista, senza sezione ritmica, senza orchestra, senza il fido e bravissimo chitarrista ed alter ego Keith Scott, con addosso una semplice chitarra acustica Martin e occasionalmente un'armonica.

L'album dal vivo in questione è il risultato di quel giro di concerti, con canzoni riprese un po' qua e un po' la in giro per l'America e l'Europa; ben venti gli episodi, scelti con cura nell'ormai copiosissima discografia, alternando quelli più noti, i classici del repertorio, con alcune cose più defilate.

Sta invecchiando bene, il canadese di Vancouver (classe 1959). Passati decisamente i cinquanta, grazie anche e forse soprattutto alla dieta vegana riesce a mantenere il fisico snello e asciutto come in gioventù. Anche buona parte della chioma bionda è al suo posto, neanche tanto ingrigita... solo qualche ruga che circonda bocca ed occhi fa un minimo giustizia degli anni accumulati. E la voce c'è ancora tutta, malgrado le migliaia di concerti senza risparmiarla e ad onta dello stile assai roco e spacca laringe adottato dal nostro, così caratteristico, così penetrante.

Ha avuto molto dalla vita questo rocchettaro/canzonettaro di talento, nonché fotografo di successo, per giunta. Qualcuno gli ha dato del paraculo... perché no? Certo non è mai andato in cerca delle cose difficili, ma l'arte di mettere insieme cinque o sei accordi e di cantarci sopra qualcosa di incisivo e trascinante non è da tutti, e a lui è riuscita molto bene. A ben guardare, grazie pure ai giusti partners... basta scorrere le note del libretto di questo dischetto per intuirlo: nessuna canzone porta la sua firma solitaria, i suoi successi nascono tutti da collaborazioni (con l'ex-amico e compagno di gruppo Jim Vallance, col produttore "Mutt" Lange in primis, e poi altri).

Adams è un rocker organizzato, furbo, bravo, essenziale, lucido e determinato; una specie di Bruce Springsteen ma dal timbro più chiaro e leggero, dall'impegno e dalla socialità meno estroversi e torrenziali. Fa le sue cose con convinzione sin dal primo giorno, ne ha ricavato grande successo, ha fatto un pacco di soldi ma gira in jeans e maglietta bianca e con questi va anche sul palco, non ha bisogno di tirarsela ed è evidente quanto ancora si diverta, visto che non rallenta. E' bello sentirlo in questa dimensione più raccolta e semplice dell'abituale arena rock in cui si è più abituati a vederlo, armato quasi solo della sua voce. Bryan è comunque strumentista non virtuoso ma solido e sicuro: ha fatto concerti suonando la chitarra ritmica spalleggiato da un altro chitarrista, da un bassista e da un batterista; si è poi infilato al collo una chitarra basso e fatto altre tournée in trio, coadiuvato solo dal fido Scott e dall'ugualmente affidabile batterista Mickey Curry.

Qui, come già detto, ha voluto con se solo il pianista Gary Breit, che rimpolpa un poco la maggior parte dei brani, neanche tutti, i quali così scarnificati e semplici si affidano totalmente al calore interpretativo del protagonista, al sicuro sferragliare della sua Martin oltreché, naturalmente, alla preziosa consistenza melodica ed armonica della loro struttura: semplici apparivano in origine ed arrangiati col gruppo, semplici restano senza più cori, assoli, batteria che pesta, gorgoglii d'organo e panorami di tastiere.

Anche in questa veste spiccano alcune sue perle, tipo quella "I'm Ready" (dal suo terzo album "Cuts Like A Knife" del 1983) che resta una grandiosa e toccante canzone d'amore, oppure il country rock di "Cloud Number Nine" (questa da "On A Day Like Today" del 1998), che pare nata per essere liofilizzata con il solo accompagnamento di acustica, o come ultima citazione la sorprendente "You'd Been A Friend To Me", tratta dalla colonna sonora di un ancor recente (e modesto) film della Disney con protagonisti John Travolta e Robin Williams.

Prendere o lasciare, con Bryan Adams. Trattasi di pop rock, ma lo è stato anche quello di Chuck Berry, il papà di tutti questi rocker dal suono rotondo e accattivante, e nessuno può avere niente da dire su di lui, spero.

Io perciò prendo, e consiglio il disco. Se qualcuno storce il naso giacché Adams gli risulta zuccheroso o troppo melodico, qui non c'è pericolo: ci stanno solo un pianista abbastanza defilato e poi lui, che scherza col pubblico, si diverte, si rilassa e poi riparte a pennare in su e in giù e a rovesciare con grinta le sue canzoni in versione folk sulla platea e nelle orecchie di chi ascolta, senza sovrastrutture, senza trucchi, senza inganni, diretto e schietto.

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