È il 1974 e i Budgie giungono ad incidere il loro terzo album “In For The Kill”. Un disco importante per la loro evoluzione artistica perchè avrebbe dovuto riconfermare le buone cose viste in “Never Turn Your Back On A Friend” e così fu. Questo lavoro è decisamente più energico e veloce rispetto al suo antecedente, i riff sono massicci, non mancano neppure lunghe assoli strumentali e come ogni buon disco Hard Rock la Ballad.
L'album si apre con la title Track “In For The Kill” segnata profondamente dalle terrificanti scale del basso di Bourge che, accompagna assieme alla batteria di Philips, l'inusuale timbro vocale di Shelley stranamente in questa traccia più duro, profondo, ultraterreno, addirittura in un frangente in falsetto, è autore di una prova a dir poco stupefacente spaziando da momenti di quiete e pulizia vocale ad altri di ispirazione totale in cui è proprio la sua voce e non il suono, la melodia, a balzare all'attenzione dell'ascoltatore. Il brano continua fino alla conclusione soprattutto lungo l'accostamento Basso/Batteria. Traccia straordinaria nella composizione melodica e nella parte Vocale. Song numero 2 “Crash Course in Brian Surgery” chi si aspetta un rallentamento si sbaglia di grosso, fin da subito si viene travolti da un'accattivante e rapido Riffing ed, in seguito, da un Shelley ancora una volta superlativo ed estremamente polivalente, fantastica la parte finale introdotta da un affascinante e tetro assolo di basso, il pezzo finisce sugli acuti del cantante gallese. Heavy Rock.
La Track 3 "Wondering What Everyone Knows" è l'immancabile ballad, lenta ed amaliatrice vive nel binomio voce-chitarra. Sono proprio queste le occasioni in cui si possono notare le straordinarie doti canore di Shelley capace di voci angeliche durante le ballate come questa ma, sopratutto come "Everything in my Heart" del disco precendente, e di prove tiratissime in canzoni del suono decisamente più ruvido. Con l'avvento di "Zoom Club" i decibel salgono, il sound ritorna ad essere grezzo ed infuocato, anche in questa traccia sono presenti acuti in falsetto, tuttavia il brano è prevalentemente strumentale con lunghi assoli di Chitarra e di Basso. È la canzone più lunga dell'album ben 9.58 minuti. La parte iniziale di "Hammer and Tongs" è davvero suggestiva, silenzio quasi totale interrotto a tratti da cupi suoni di basso, per poi essere completamente squarciata dai potenti rintocchi della batteria che danno l'inizio ufficiale al brano. Sia nei testi che nella melodia possiamo notare più che in qualsiasi altra traccia un deciso approccio blues, in particolar modo nella parte finale. Poco dopo la metà del brano si può apprezare un inusuale segmento eseguito ancora una volta nel silenzio, ed interrotto da fruscii di strumenti nel sottofondo ma, quello che lo differenzia dalla parte d'apertura è l'uso della voce, limpida, angelica, che ci appare come un lamento, un ultima disperata e vana supplica.
Proseguendo la cavalcata si giunge alla penultima composizione "Running from My Soul", caratterizzata da un ritmo cadenzato, trascinante e ballabile si propone all'ascoltatore come un pezzo Rock and Roll anni '60 culminante nel ritornello ma sopratutto nel suono, che entra nelle vene e ti spinge, ti trasporta, a danzare. Settima traccia ed ultima "Living On Your Own" rapida e movimentata è una track quasi totalmente strumentale, attraversata dalle continue esibizioni, tecnicamente ineceppibili, di chitarra, basso, e Batteria. Si conclude così un album favoloso sotto l'apetto compositivo, musicale e vocale, melodie infuocate Hard Rock, Hard 'n' Heavy, Blues e un tocco di Metal.
Carico i commenti... con calma