All'interno del grande calderone Hard rock di inizio anni '70 meritano sicuramente un posto di riguardo i Gallesi Budgie, un gruppo che pur avendo seminato molto durante il proprio cammino, non ha mai raccolto i frutti del proprio lavoro, nonostante la grossa influenza che diedero ai gruppi Heavy Metal nati poi nel decennio successivo. Essi infatti (seppur in maniera minore rispetto a gruppi del calibro di Black Sabbath o Judas Priest) contribuirono di molto ad unire l'anello di congiunzione tra Hard Rock ed Heavy Metal, grazie anche ad un sound particolarmente potente ed innovativo per l'epoca. Il suono dei Budgie è accostabile in parte all'Hard rock dei Black Sabbath (assieme ai quali, inizialmente, condivisero sia lo stesso produttore e sia gli stessi studi di registrazione), anche se il tutto rivisitato in chiave assai demenziale e grottesca, che nel bene e nel male rappresenta un pò il marchio di fabbrica del gruppo.
Il Terzetto proveniente da Cardiff, dopo aver dato alle stampe un ottimo disco d'esordio che mischiava (se vogliamo in maniera un pò accademica) Hard Rock, Blues, e minime tracce di folk, nel 1972 pubblica questo "Squawk", un disco nel quale è avvertibile una maggiore coesione tra i musicisti, unita ad un sensibile ampliamento del loro ventaglio sonoro, che in questo caso appare molto più variegato rispetto al lavoro precedente.
Uno degli obbiettivi del gruppo è però di rendere la propria proposta ancora più potente ed aggressiva, ed in questo caso la traccia di apertura, "Whiskey River" sembra non lasciare alcun dubbio al caso. I riff chitarristici di Tony Bourge difatti sono molto più taglienti ed incisivi rispetto all'esordio, e le linee di basso di Burke Shelley si incastrano in maniera molto efficace, riuscendo a ricreare un muro sonoro incredibilmente essenziale e compatto. Questa potenza di esecuzione verrà rimarcata anche successivamente, come ad esempio nella Blueseggiante "Drugstore Woman", forte di riff orecchiabili ed assoli chitarristici vibranti e trascinanti, o in "Stranded", un brano assolutamente dinamitardo grazie all'incredibile muro sonoro eretto dalla chitarra e il basso, dove i musicisti si divertono a smorzare ed accellerare i ritmi, riuscendo a tenere sempre viva l'attenzione dell'ascoltatore.
Accanto a tracce più potenti ed essenziali, convivono però anche brani di diversa natura e suggestione, all'interno dei quali la band riesce a mostare un certo eclettismo musicale (il gruppo si è sempre contraddistinto per un notevole gusto compositivo), cosa che non fa altro che rendere più vario ed interessante il disco. Come nell'esordio anche qui compaiono un paio di brani squisitamente Folk, ovvero "Make Me Happy" e " Rolling Home Again", che seppur di breve durata riescono a colpire piacevolmente l'ascoltatore, grazie a degli arrangiamenti raffinati (impreziositi da delle semplici ma suggestive linee di pianoforte e Mellotron) e allo stesso tempo melodici, mentre invece brani come "Rocking Man" e " Hot As A Docker's Armpit" tendono a strizzare l'occhio verso sonorità più Psichedeliche e moderatamente Progressive. Il primo brano sembra, difatti, unire in maniera naturale riff di chitarra e sonorità prettamente Hard Rock, con un bridge centrale molto più spostato verso il versante Psichedelico, mentre il secondo brano è sicuramente il più articolato e vario di tutto il disco, presentando una grande varietà di stacchi e intrecci strumentali tra chitarra e basso, che si sviluppano attraverso cambi di tempo e atmosfere Pseudo Progressive, con il suono del Mellotron posto sullo sfondo. Tra tutti questi brani però spicca la meravigliosa "Young Is A World" (preceduta da un simpatico brano strumentale, "Bottled") , una sorta di Power Ballad contraddistinta da molteplici sfaccettature a sfondo chitarristico di sicura suggestione ed impatto. Il brano difatti è cesellato da numerosi chiaroscuri di chitarra elettrica che nell'insieme formano delle atmosfere molto ondivaghe e "liquide", interrotte ogni tanto da dei poderosi accordi di chitarra e basso che cercano di dare potenza all'atmosfera. Splendido infine l'assolo finale ad opera di Bourge , davvero molto sofferto e ricco di Pathos.
Questo Squawk è sicuramente un piccolo capolavoro di creatività e fantasia, dove ogni brano brilla di vita e luce propria, riuscendo però allo stesso tempo a sviluppare il lato più Heavy e pesante del gruppo. Un lavoro all'epoca ingiustamente ignorato ma che andrebbe obbligatoriamente riscoperto.
TRACKLIST:
1) Whiskey River (3:27)
2) Rocking Man (5:25)
3) Rolling Home Again (1:27)
4) Make Me Happy (2:37)
5) Hot As A Docker's Armpit (5:53)
6) Drugstore Woman(3:14)
7) Bottled (1:57)
8) Young Is A World (8:14)
9) Stranded (6:17)
LINE UP:
Burke Shelley: Voce, Basso, Piano, Mellotron
Tony Bourge: Chitarra elettrica e acustica
Raymond Phillips: Batteria
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