[Those] buffalo(es) from Buffalo intimidate buffalo(es) from Buffalo.

Un ottimo esempio di come parole omonime e omofone possano essere usate per creare complicate frasi di senso compiuto. L'ambiguità lessicale nata dall'estrema semplificazione della lingua inglese ha portato gli abitanti della terra d'Albione a trastullarsi nella creazione di simpatici drammi semantici, tra i quali vale anche la pena di citare uno strabiliante "James while John had had had had had had had had had had had a better effect on the teacher".

Ma il nostro punto d'interesse è l'apparente nonsense del moniker sotto il quale si nasconde un curioso duo scozzese che, a prima vista, figurerebbe meglio davanti allo schermo di un pc in qualità di nerd. Ma già il loro nome di battaglia può farvi intuire quale sia la malcelata passione dei due: la ripetizione. Al secolo, Mr. Drone.

Incontro fortunello, questo tra Neil Simpson e Mike Gallagher, i due folli a cavallo dei bufali, e piuttosto recente, per di più: al 2005 risalgono le prime collaborazioni dei due, estese ben presto a Sam Collier, artista minimale a cui è affidata la parte visiva delle esibizioni. Il fine ultimo dei Buffalo è "creare, attraverso la reiterazione fino allo stremo di un solo accordo o di una vibrazione, musica "dettagliata" che costringa l'ascoltatore a focalizzare l'attenzione su ciò che sta ascoltando", come dice lo stesso Neil (tanto disponibile quanto gentile, o almeno è l'impressione che ho avuto dalle mail che ci siamo scambiati). Dall'inizio della loro attività i B.b.b.B.b. hanno dato alle stampe soltanto registrazioni rigorosamente live di alcuni dei propri spettacoli (tiratura limitatissima e album confezionati a mano da loro stessi e da pochi altri amici stretti, tanto per rendere l'idea di quanto tengano alla propria musica, i Nostri).

 Questo "Cramond" che mi trovo tra le mani è il primo dei quattro concerti della "Forth Islands Series", svoltisi nelle quattro isole della Firth of Forth, insenatura sulla costa orientale della Scozia. Il 23 marzo del 2007 i nostri prodi, seguiti da uno sparutissimo gruppetto di curiosi -inutile dire che gli spettatori si contano quasi sulle dita di una mano - e coraggiosi noncuranti del freddo, giungono nella location designata, cioè l'isola di Cramond, situata al largo delle coste di Edimburgo, attraverso un passaggio sopraelevato che connette direttamente terra e isola. Si va a piedi, giustamente. Qui, in un impianto militare abbandonato, con una semplice chitarra acustica e un violoncello preparato, sotto gli occhi dei presenti i due trascorrono i venti minuti della propria esistenza che hanno qui inciso a ripetere lo stesso accordo con la frequenza di 2 volte al secondo.

Meglio sdraiarsi per terra e ascoltare. La magia di questo disco è che sotto un unico, monolitico accordo compaiono, prestandoci attenzione, mille suoni nascosti, che ad un ascolto distratto se ne stanno ben nascosti, lasciando l'utente distratto annoiato in ben poco tempo. Forse frutto di una sublime allucinazione, si sviluppano ridondanti melodie di campanelli che si rincorrono, cadono e si scuotono, per poi ricomporsi e sfocare i contorni di quanto fino a qualche secondo prima pareva certezza. Un continuo tentativo di messa a fuoco, non adatto a tutti gli stomaci: ovviamente, bisogna avere la pazienza di abbandonarsi anima e corpo alle semplici vibrazioni che i due emanano e liberare la mente da qualsiasi altro pensiero, cosa che probabilmente a molti non andrà giù. Ma, fidatevi, ne vale la pena.

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