Quando a Jim Messina viene dato l'incarico di assemblare il terzo e ultimo album del gruppo, i Buffalo Springfield di fatto, non esistono più e appartengono già alla storia. Mesi di tensioni all'interno della band, dovuti ai continui ed aspri litigi tra i due leader Stephen Stills e Neil Young, sia on stage che fuori, hanno causato la prematura fine di questo gruppo seminale.
Quando "Last Time Around" vede la luce Stills è già impegnato con Al Kooper e Mike Bloomfield nella celebre "Supersession" e, nei tanti momenti liberi, inizia a frequentare Crosby e Nash; l'amico rivale Neil Young sta registrando con l'aiuto di Jack Nitzsche e David Briggs il suo primo album da solista; Richie Furray ha appena formato i Poco; Bruce Palmer, da tempo latitante, ha pubblicato lo splendido ed oscuro "The Cycle Is Complete", esempio irripetibile d'incursione nei territori free-folk; il batterista Dewey Martin gira in concerto usurpando il glorioso nome del gruppo.
All'apparenza "Last Time Around" può sembrare una raccolta di brani disordinata, un lavoro frammentario e poco omogeneo, frutto più dei contributi personali dei singoli musicisti che di un vero e proprio sforzo comune. Un ascolto più attento rivela comunque spunti interessanti e il lavoro risulta coerente con il resto della discografia della band di Stills e Young. L'opera naturalmente risente dello scarso coinvolgimento di Stephen e di Neil e sin dall immagine in copertina, dove il volto del canadese guarda in un'altra direzione rispetto ai suoi compagni, risulta evidente l'atmosfera tesa e precaria che si respirava all'interno della band. Nonostante tutto l'insieme dei brani funziona egregiamente ed offre uno spaccato significativo ed interessante dell'arte dei Buffalo Springfield. Il disco è vario e spazia dal rock al country, dalle ballate ai ritmi latino-americani, dalle atmosfere jazz agli arrangiamenti orchestrali. Stills, da vero rocker, regala canzoni di ottimo livello come le decise "Special Care" e "Questions", la ritmata "Uno Mundo", la delicata "Pretty Girl Why" e la splendida "Four Days Gone", un piccolo classico da riscoprire ricco di aromi blues. Neil Young giganteggia con le classiche "On The Way Home" e "I'm A Child", due brani storici che non meritano alcun commento. Richie Furay emerge nella delicata e romantica "It's So Hard To Wait", composta con Young, nella melodica "Merry-Go-Round" e nella famosa ballata "Kind Woman", sorta di debutto dei Poco e ripresa nel 1971 sull'ottimo disco live "Deliverin'".
Non mancano riempitivi inutili ed episodi minori come la countryeggiante "Carefree Country Day" o la ridondante e noiosa "The Hour Of Not Quite Rain", due episodi giustamente esclusi anche dal bellissimo cofanetto retrospettivo e ricco di spettacolari inediti pubblicato nel 2001. Quando il disco usci, venne salutato dall'autorevole rivista Rolling Stone come il miglior lavoro del gruppo e fu persino esageratamente paragonato a "Music From Big Pink" di The Band. A distanza di anni questo giudizio è stato giustamente ridimensionato e l'ultimo sforzo dei Buffalo Springfield ha mantenuto il suo stato di raccolta posticcia di brani realizzati quasi in solitudine dai singoli musicisti e completati con l'ausilio di validi sessionmen. Nonostante sia privo della spontaneità del primo omonimo disco o della creatività di "Buffalo Springfield Again", "Last Time Around" rimane il capitolo finale della breve ed intensa avventura musicale di uno dei più talentuosi gruppi degli anni Sessanta che, oltre a regalarci canzoni immortali, ha aperto la strada ad una delle stagioni musicali più brillanti ed emozionanti della storia della musica moderna. La breve avventura di questo bulldozer folk-psichedelico era giunta al termine. Ora iniziava la vera corsa all'oro.
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