Considerazioni inziali.
Se sei del Sud, ami il metal e non hai mai partecipato a questo evento sei davvero messo male. Significa che vivi in una dimensione parallela, che non ti interessi di ciò che persone volenterose e capaci stanno mettendo in piedi da ormai diciassette anni. Solo uno del Sud può comprendere cosa significa farsi ore di viaggio per vedersi un concerto in cui se conosci un paio di gruppi ti è anche andata bene. Si chiama voracità. Dicono che quelli del Sud sono veraci, io e quelli che come me c'erano il 20 agosto 2011 siamo anche voraci. Ci nutriamo di musica. E come continuiamo a voler bene ad un amico anche se questo se la passa male, così e con questo spirito i metallari del Sud (e non solo) si sono recati a Chiaromonte, ridente paesino della Basilicata, all'Agglutination Metal Festival. Quest'anno le difficoltà sono state molte per gli organizzatori, sembra che la Regione non abbia concesso abbastanza fondi, e quindi i nomi sono stati meno di richiamo rispetto ai Cannibal Corpse dell'anno scorso. Questo ha portato altre conseguenze, come lo spostamento in una location più piccola -piazzale di una scuola media- e messa in preventivo che non sarebbe stato un successo di pubblico e di critica. Per il pubblico era inevitabile che fosse così, eravamo davvero in pochi, ma le critiche piovute addosso all'organizzazione per la scelta di una cover band (Abbath degli Immortal e due suoi accoliti che rendono tributo ai Motorhead) in luogo di una band italiana sono state davvero tante ed esagerate...
Ma andiamo con ordine. Iniziamo dalle note negative. Arrivato in paese, non trovo uno straccio di cartello che indica la scuola media, rintracciata poi chiedendo alle poche persone del luogo in giro alle quattro di pomeriggio. Prezzi di acqua e bevande in genere aumentati a dismisura nello stand all'interno del piazzale rispetto a quelli della panetteria adiacente alla scuola. Che però una volta entrati non potevi più raggiungere. Infine il ritardo. Voglio dire, ci saranno stati problemi tecnici, ma bisogna tener conto della gente che si è fatta ore e ore di macchina per l'evento, nonchè del rispetto verso i gruppi che suonano!
La musica.
Si inizia. Stige. Death metal da Taranto. Proposta molto classica la loro, ma suonata con maestria e passione, sono abbastanza vicini ai Six Feet Under, ma sono più tecnici e brutali e questo li avvicina leggermente ai Cannibal Corpse dei primi anni '90. Come tutti gli altri gruppi, hanno la scaletta tranciata purtroppo. ma nonostante ciò il loro quarto d'ora è intenso, spaccatimpani la loro "This Is War". Grande il batterista Peppone che si dimostra solido ed efficace. L'audio delle chitarre purtroppo è deficitario, su disco è più pesante e morboso. 4/5
Si cambia genere, salgono sul palco gli Aura, prog metal da Sapri. Senza dubbio i più penalizzati dal taglio dei pezzi. La loro musica ha bisogno di carburare un po' prima di esplodere. Dopo un primo pezzo che si farà ricordare per la tecnica sopraffina della sezione ritmica, l'impressionante batterista-cantante annuncia una versione più corta di "A Glorious Day", molto più immediata del primo pezzo grazie ad un pregevole ritornello che ancora oggi ricordo perfettamente benchè l'abbia sentito solo lì. Una maggiore personalità e gli Aura saranno ad alti livelli. 3/5
Proseguiamo con l'altro gruppo pugliese, i Tyrannizer Order, vincitori del contest e qui di diritto. Fanno black. Lo dico subito, si dimostrano i peggiori del festival, ma non è tutta colpa loro. Io in prima fila non riesco a distinguere e comprendere nemmeno un riff. Il batterista è un mostro di velocità, ok, il cantante sufficiente, ma con quelle chitarre inascoltabili si rovina tutto. Certo anche il gruppo non è esente da colpe: occhiali da sole, abbronzatura e pantaloni che lasciavano intravedere le chiappe non si addicono ad un gruppo metal, figuriamoci se black! Altra scelta discutibile, parlare in inglese tra un pezzo e l'altro. Rimandati, non bocciati, ci voleva il sound che ebbero gli Handful of Hate l'anno scorso. 2/5
Mentre il Monarca compra dischi su dischi a prezzi irrisori, salgono sul palco i PTSD, per il sottoscritto la sorpresa più gradita del festival. Un gruppo moderno ed insolito alle prese con un fantastico crossover, che definirei extreme nu metal. Una ventata di freschezza nella giornata. "Abbiamo fatto milleduecento chilometri per venire fin qui, tutti sotto il palco": non mi faccio pregare dal cantante e sono subito lì. Con le chitarre va un po' meglio, il suono è quasi accettabile, anche se c'è da dire che gli accordi sono "a muro" e il genere suonato è meno estremo è meno estremo. Il cantante è carico e molto coinvolgente, validissima la sua prestazione in ogni registro vocale usato. Bassista fighetto e decisamente fuori contesto, ma in ogni modo bravo a supportare un batterista che non sta fermo un attimo, ritmicamente camaleontico. 4/5
Sono gli stessi PTSD ad annunciare i Node, mentre calano le tenebre. La loro miscela di thrash e death tecnico con venature fururistiche e di Meshuggah non lasceia scampo. Potentissimi pur avendo una sola chitarra a causa di un infortunio occorso all'altro chitarrista, partono a mille con "When I Believed In God", tratta dall'ultimo album e cantata (urlata?) a squarciagola anche dal sottoscritto. Il bassista è un folle, mi divertono come un matto le sue facce strane, anche se rischia di finire di muso a terra un paio di volte... Durante il pezzo "Das Kapital" l'istrionico cantante, conscio di avere in mano il pubblico pogante, scatena un bel wall of death. I Node ci fanno anche cantare con una personale cover di "Rebel Yell" firmando così una prestazione da incorniciare. Tra i migliori delle giornate. 5/5
Cosa che non si può certo dire per il primo gruppo straniero di oggi, pomo della discordia per i fans agglutinati.Lo Snaggletooth tarocco con occhiali da sole issato alle spalle della batteria parla da sè. I Bombers da Bergen, Norvegia, stanno per salire sul palco a tributare uno dei gruppi più influenti di sempre, i Motorhead. Abbath cerca di somigliare a Lemmy, sia vocalmente che fisicamente, ma non so se sia un bene perchè è una copia fedele oppure un male perchè di Lemmy ce n'è uno e guai ad imitarlo. Prestazione nulla al basso di Abbath, lo sento solo su "Ace Of Spades". Il batterista cerca di variare qualche parte, risultando però non sempre originale. "Iron Fist", "Bomber", "Overkill", "Metropolis", "Killed by death" e l'asso di spade. A chi non farebbe piacere sentirle? Se però a suonarle non sono i Motorhead, possono solo essere colonna sonora del mio panino e del mio ennesimo giro tra le bancarelle. Ho provato un po' di pena per quei vigliacchi che hanno insultato Abbath in ogni dialetto del Sud Italia, che ovviamente lui non poteva comprendere. 2,5/5
Ultimo gruppo straniero sono i tedeschi Majesty. Epici, battaglieri e coinvolgenti con il loro heavy metal, nonostante siano concettualmente cloni spudorati dei Manowar e alla lunga ripetitivi (solo nei pochi pezzi fatti live ci sono due canzoni in cui "the moonlight is shining"). Lavoro solido e onesto da parte di tutti i musicisti, su tutti il giovane chitarrista solista che cesella assoli di buon gusto. Il cantante scopiazza qua e là, gli "scream for me" sono ridicoli se a dirli non è il titolare Sua Maestà Bruce Dickinson, e il coro "Hail To Majesty" è scandito esattamente come "Hail, Hail, Hail And Kill" dei Manowar. Inoltre quasi non ha voce, fa molto ricorso ai ruggiti da tigre in ospizio dei Virgin Steele dei giorni nostri, solo che DeFeis ha una certa età, quato tizio mi sembra pure giovane! Ma sopperisce a queste mancanze con un discreto modus operandi sul palco. La scaletta non è perfetta, privilegia la scialba ballata dell'ultimo disco all'epica "March For Victory". Le altre grandi assenti sono "Defenders Of The Faith" e "Heavy Metal Desire" in luogo di "Fields Of War" e la ripresa finale di "Metal To The Metalheads", molto (troppo?) simile al brano che la precede, la cadenzata "Keep It True". Suonano con passione, con loro ho perso la voce. Anche se quando intravedo Abbath tra il pubblico lascio per qualche minuto la loro tamarra epicità e mi fiondo ad ottenere l'autografo sul libretto di "Battles In The North". 3,5/5
Siamo quasi giunti alla fine, sappiamo che stiamo per assaporare un pezzo di storia del metal italiano. Bulldozer, di nome e di fatto. Lo speed thrash suonato con la sfacciataggine dei Venom ed un pizzico di Motorhead fa piazza pulita, rimango annichilito, pogo fuori controllo e pezzi storici come "The Derby" dedicata al Milan, "Ilona The Very Best" e "Neurodeliri", nonchè "Minkions" (avete capito a chi è stata dedicata?) cantati con foga dal pubblico -tra cui intanto si è mescolato il grande cantante degli Stige-. AC Wild è teatrale come pochi, il vampiro -altro che Dani Filth!!!- ci succhia tutto il sangue che abbiamo, declamando alla perfezione le liriche dei Bulldozer e dimostrandosi molto affabile col pubblico e nell'introduzione ai vari brani, tra cui le recenti "Use Your Brain" e "Micro VIP" fanno la loro porca figura. Batterista incredibile e sparato a mille, tastierista incappucciato francamente inutile. I riffs violenti dei Bulldozer giustificano pienamente la loro posizione nel festival e nel metal in generale. Molto in alto. 5/5
Tirando le somme...
Un festival per pochi, di transizione, verso una diciottesima edizione che si spera possa essere quella della rinascita.
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