Osannare spasmodicamente un'artista o, d'altra parte, darne una stroncatura senza riserve può risultare la soluzione più facile e la via più corta da prendere per dare un giudizio sul suo operato. Molto difficile (e soprattutto più laborioso e impegnativo) è sapersi mantenere nei limiti di quanto si ascolta e giudicare senza restrizioni o pregiudizi.

Questa breve introduzione metodologica funziona, purtroppo, solo a livello teorico, poiché nel dare un giudizio su "Truant/Rough Sleeper" è difficile resistere alla tentazione di buttarsi su uno dei due poli: da un lato la perfezione estetica e la cura del dettaglio di uno degli artisti più dotati di questi anni, dall'altro il continuo stravolgimento della formula che lo ha portato alla ribalta.

I tempi di "Untrue" sono lontani: il percorso che ha donato nuova linfa al sound di quest'artista continua a farsi più intricato e non manca di partecipazioni illustri. Per fare un esempio: la durata dei brani. Nel suo lavoro in collaborazione con i Massive Attack si è oltrepassata, per la prima volta, la soglia dei dieci minuti (dilatazione che cominciava ad avvertirsi anche nei vari ep con Four Tet). Ma non è questa l'unica novità. Tra le più rilevanti c'è un drastico cambio di registro in fase di composizione e a livello di struttura delle composizioni. I brani dei primi due dischi, forti della loro coesione in un minutaggio per lo più radio friendly, sono lontani anni luce dalle composizioni presentate in questo ep. Come è facilmente riscontrabile anche nel precedente "Kindred ep", si punta su brani dilatati e pieni di fratture, buchi, cambi, alterazioni del paesaggio fin lì tratteggiato.

Conviene, detto questo, entrare nel merito di quest'ultimo lavoro. Come intuibile dal titolo l'ep contiene due brani (per venticinque minuti totali di ascolto) che possono essere considerati, senza troppe forzature, come una lunga suite in due macrosezioni: "Truant" e "Rough Sleeper", per l'appunto. L'incipit viene dato da un giro di accordi in minore che si adagiano su un crepitio che, a questo punto del brano, non è ancora del tutto identificabile (un suono tra un vinile logoro e un disturbo in cuffia). Questo sfondo sonoro si evolverà nel corso dell'intero ep fino a diventare, in determinati momenti, il protagonista principale di quanto vien messo in atto. Se il sound di Burial è sempre stato associato ad una Londra periferica (fatta di piovigginare ininterrotto ed echi lontani a ridosso dell'alba) si può ben dire che in questo lavoro abbia voluto evocare in toto questo immaginario. Questo crepitare sullo sfondo si trasformerà in pioggia leggera fino a diventare la tempesta che si scaglierà sul finire di "Rough Sleeper".

"Truant", prima metà dell'ep, è a sua volta divisibile in tre sezioni. Questa struttura favorisce la sensazione di frattura all'interno del brano: dopo una prima sezione, che pacatamente introduce gli strumenti che man mano verrano rimaneggiati, vengono introdotti alcuni istanti di assoluto silenzio. Da lì verrà generato un basso implacabile che accompagnerà l'intera seconda sezione. Il meccanismo sezione-vuoto-sezione si ripete per l'intera "Truant". Altrettanto verrà fatto nella successiva "Rough Sleeper", dove le sezioni sono più difficilmente individuabili, giocando a rincorrersi ed a richiamarsi. In questa seconda traccia a prevalere è lo sviluppo, quasi solenne, di quanto fatto fino a quel momento. Tastiere molto riverberate, con abbondanti uso di chorus, accompagnano basi ritmiche, voci, rumori di fondo.

Proprio quel rumore di fondo, che è la costante di questo lavoro, si ingrosserà fino a farsi tempesta nelle battute conclusive; non arrivando, però, alla catarsi finale che le due composizioni sembrano annunciare. Synth in stile darkwave e ritmi spezzati ci guidano alla brusca conclusione, che chiude senza possibilità di appello la serie di buchi e fratture che hanno costellato l'intero ep.

Questo nuovo lavoro è utile anche per capire, e per mappare, la continua evoluzione di quest'artista. Non è difficile rintracciare la serie di influenze che sono state determinanti in queste due composizioni. In primis va evidenziata una rinnovata capacità nell'uso delle sezioni ritmiche: a tratti le percussioni si fanno tribali e l'uso dei cymbals è molto più abbondante che in passato. Non è un segreto che gran parte del merito va dato all'influenza che Four Tet esercita su Burial ma, a conti fatti, molto è riscontrabile anche negli ultimi lavori di Pantha du Prince. La serie di richiami è spropositata (si pensi ai synth di "Truant" che, a tratti, rimandano ai Fuck Buttons di "Tarot Sport"). Nonostante ciò, rimane, sovrana su tutte le sperimentazioni attuate, la cifra stilistica di Burial che, a discapito dei tentativi d'imitazione fatti in questi anni, rimane come un colosso a mostrare i confini di un genere.

Carico i commenti...  con calma